Basket

Olimpia-Urania, il derby dei mondi

Stefano Olivari 20/09/2019

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Con Il derby di Milano fra Olimpia e Urania anche la pallacanestro dopo 9 anni è finalmente tornata al Palalido, che ovviamente non chiameremo mai Allianz Cloud anche se un giornalista del 2019 dovrebbe emozionarsi sentendo parlare di naming rights.

Non commentabile la partita, finita con un doppiaggio 98-49, fra una squadra da Eurolega ambiziosa e una neopromossa in A2, piena di giocatori di categoria (alcuni sotto la categoria, a dire il vero) e senza uno dei due stranieri.

Molto commentabile il contorno, che ci offre anche l’ennesimo pretesto per parlare della vicenda San Siro, che ogni giorno si arricchisce di nuove ‘anticipazioni’: l’ultima è quella di un grattacielo da destinare ad uffici, in una città e in una zona dove gli uffici quasi te li tirano dietro, da tanti che ce ne sono di sfitti.

Per arrivare al nuovo Palalido, un palazzetto da 5400 posti, ci sono voluti esattamente 9 anni fra abbattimento del vecchio, questioni ambientali (amianto), problemi e fallimenti di appaltatori e subappaltatori, inevitabili proteste dei residenti nimby per quattro parcheggi in croce.

Avrebbe dovuto essere la casa dell’Armani, con tanto di nome, ma ad un certo punto giustamente il grande imprenditore (se hanno fatto senatore a vita Mario Monti lui dovrebbe avere almeno quattro seggi) ha salutato la compagnia. Ieri era comunque presentissimo, in un impianto quasi pieno, affiancato dal solito Leo Dell’Orco che da quest’anno ha preso operativamente il posto di Livio Proli.

Domanda: qualcuno davvero pensa che in sei anni e spiccioli, tanti ne mancano ai Giochi Olimpici, si riesca a costruire un nuovo stadio in Italia e in una zona così trafficata? In altre parole, anche senza il feticismo dei ruderi sarebbe meglio rimandare l’abbattimento di San Siro al 2026 ed in ogni caso scinderlo dalla costruzione del nuovo.

Tornando alla pallacanestro, da sottolineare come la conoscenza del passato non debba per forza sconfinare in operazioni nostalgia. Anche perché l’ultimo derby a questo livello, quello di 39 anni fa, era fra l’Olimpia e la Pallacanestro Milano, non l’Urania che ha portato una ventata di aria fresca. Comunque omaggiati in mezzo al campo Pittis, Peterson, Casalini, Franco Boselli, Vittori, Meneghin e Premier, applaudita l’Olimpia del presente che sulla carta ha davvero molto senso oltre alla garanzia di un Messina che anche se sputasse sul pubblico si farebbe amare più di Pianigiani.

Complimenti anche all’Urania, che ha portato al Palalido buona parte del pubblico di ieri sera: club nato in un oratorio e arrivato in A2 solo attraverso promozioni sul campo, non sfruttando i tanti fallimenti di questo sport e il prezzo ormai irrisorio di un diritto (in estate c’erano personaggi che lo offrivano per 250.000 euro, vendendo la casa potevamo prenderlo anche noi). Parlare di derby è ovviamente un trucco giornalistico, perché si sono affrontati due pianeti diversi e che speriamo rimangano diversi, permettendo di apprezzare entrambi. Saremo di parte, ma questo è secondo noi l’unico sport del pianeta che si possa seguire senza tifare.

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