Calcio
Ne vale ancora la pena
Vincenzo Grieco 28/02/2012
di Vincenzo Grieco
Spendere soldi e tempo, venendo da un’altra città, per vedere dal vivo Milan-Juventus è ancora nel 2012 un’esperienza da consigliare a chi si incattivisce davanti a Sky, a Mediaset Premium o, peggio ancora, allo schermo di un computer. Perché tutti siamo tifosi, ma chissà perché una partita vissuta allo stadio porta ad apprezzare il quadro generale più degli episodi…
L’amico Italo, scendendo dal suo polveroso tank sabato a Milano qualche ora prima della partita, ci ha subito sollecitato a scrivere qualcosa sulla nostra trasferta. Adesso accogliamo l’invito, nella speranza di dire qualcosa di sensato. Quelle rare volte che riusciamo a seguire la nostra squadra (la Juventus, visto che in campo ce n’erano due dobbiamo precisarlo), prima della partenza, ci chiediamo sempre se ne valga la pena. E ogni volta, a prescindere dal risultato, la risposta è sempre affermativa, forse perché, secondo la nota (ma anche no) teoria Olivari, pensiamo che l’atmosfera attorno all’evento valga più dell’evento medesimo. E anche stavolta, qualcosa ci è rimasto dentro. A dare un senso alla nostra trasferta (siamo pugliesi, viviamo a Roma) poteva bastare il sabato pomeriggio passato a zonzo con Italo. Un giro decisamente non convenzionale per il centro di Milano, addolcito da un sole primaverile e dal passeggio di svariate partecipanti alla Settimana della Moda, che ha avuto come momento di pregnante e di sacro culto il pellegrinaggio sotto l’ufficio del Direttore di Indiscreto (con lui rigorosamente assente) in via Cordusio.
Così, in uno stato di felice atarassia, ci siamo avviati verso San Siro in attesa del brivido. Che in effetti abbiamo provato, non alla vista dello stadio-monumento come già ci era capitato, ma ancor prima, quando, passeggiando per Viale Caprilli, ci siamo resi conto della presenza di tifosi della Juve circolanti con magliette in vista o sciarpa al collo, senza essere importunati da alcun milanista. Nel notare questa cosa ci siamo prima stupiti, poi entusiasmati a tal punto da provare quella scossa di adrenalina, che, presso altri stadi, quando eravamo più giovani (e più incoscienti) ci aveva dato il sollievo di essere sfuggiti agli agguati della tifoseria avversaria.
Entrati alla Scala del calcio, dopo aver appurato che il terzo anello offre una buona visuale ma non è il settore ideale per chi soffre di vertigini come noi, altre emozioni. Le elenchiamo in stile Saviano: il bagliore dei cellulari usati per le foto al momento dell’entrata in campo dei calciatori, gli abbracci tra i giocatori della Juve prima del fischio d’inizio, il tifo dei nostri vicini stranieri dalla lingua sconosciuta, la gioia del ragazzo down incontrato al cesso durante l’intervallo che ci grida “Che seratona!”. Della partita ci porteremo dietro poche cose: giusto gli slalom di Robinho e le scivolate di Chiellini. Inutile soffermarsi sui noti episodi, ci limitiamo a segnalare che l’isteria dei protagonisti non ha contagiato i presenti al terzo rosso. In conclusione vedere dal vivo una partita può avere senso anche nel 2012, perché vincere sarà pure l’unica cosa che conta, come diceva quel dirigente, ma, alle volte, è comunque bellissimo partecipare pur senza avere a disposizione dieci replay di ogni azione. Non è che il calcio diventi miracolosamente più pulito, se visto allo stadio invece che sul divano, ma è più pulito lo sguardo.
Vincenzo Grieco, 28 febbraio 2012


