Calcio

Mancini e i cani

Stefano Olivari 28/03/2022

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Roberto Mancini rimane allenatore della Nazionale italiana fino al 2024, fino al Mondiale 2026 se l’Europeo in Germania non sarà un fallimento. Del resto senza sue dimissioni nessuno nella FIGC poteva esonerarlo con le cattive, creando un danno da quasi 10 milioni di euro l’anno (tenendo conto dell’ingaggio lordo e di quello dello staff), al di là dei soldi per il suo successore, e andando contro un vento mediatico quasi incredibile per l’Italia, in cui altri allenatori sono stati linciati per avere fatto male ai Mondiali ma che però a quei Mondiali, a volte a 16 squadre, si erano qualificati.

Come la pensiamo l’abbiamo detto più volte e lo ripetiamo: Mancini non è il responsabile del sistema calcio in Italia, ma l’allenatore della Nazionale, cioè di una squadra, per quanto la più importante di tutte. E l’osceno calcio di club, senza più la minima identità, la rende ancora più importante nel mondo di oggi. Mancini deve essere esaltato quando ottiene risultati vicini ai limiti dei singoli a sua disposizione, come all’Europeo, deve essere criticato quando fa molto peggio di squadre con un materiale umano peggiore, come accaduto con la Svizzera e ovviamente con la Macedonia. In sintesi: era la situazione giusta per le dimissioni e secondo noi ha sbagliato a non darle. I media amici, Malagò e tutto il resto oggi ci sono e domani non ci sono, chi lo può sapere. Ma questo non toglie che il livello medio del calcio italiano sia figlio di dirigenti e allenatori cani, più che dal rendimento altalenante della Nazionale.

Negli ultimi anni come hanno lavorato quello che dovevano migliorare i giovani calciatori più promettenti? Insomma, i responsabili delle mille selezioni giovanili ed i loro collaboratori, spesso spocchiosi maestrini. I giocatori della Nazionale maggiore, i trentenni di adesso, sono figli della gestione di Arrigo Sacchi, coordinatore delle nazionali giovanili dal 2010 al 2014 (era Abete), e del suo discepolo Maurizio Viscidi, tuttora in carica (era Tavecchio-Malagò-Gravina). Al di là di trofei inutili, che peraltro in questi 12 anni non sono arrivati, e di piazzamenti ancora più inutili, questa gestione ha prodotto più buoni calciatori rispetto a quelle precedenti? La risposta è chiaramente un no.

Del resto basta vedere chi attualmente allena le nostre nazionali, sotto a quella di Mancini: Nicolato (Under 21), Bollini (Under 20), Nunziata (Under 19), Franceschini (Under 18), Corradi (Under 17), Zoratto (Under 16), Favo (Under 15), più collaboratori che dimentichiamo ed una pletora di consulenti. Ecco, con tutto il rispetto a questi non daremmo nemmeno una squadra di Serie C e quindi figurarsi i presunti gioielli del calcio italiano. Mancini da esonero-dimissioni, non c’è dubbio, ma l’intervista a Sacchi che dice che il calcio italiano è indietro culturalmente, o a Gravina che ci illustra il suo programma di riforme magari anche no. Gravina che era nel consiglio federale, quindi nel governo del calcio italiano, già a metà degli anni Novanta. Ma adesso che di anni ne ha quasi 69 gli sono venute buone idee. O magari, per dirla alla Adani, ha acquisito le conoscenze.

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