Basket

L’ostile Garnett

Stefano Olivari 08/11/2010

article-post

di Stefano Olivari
Antonio Cassano ha mai detto a un avversario, con l’intento di innervosirlo,  ‘sembri un malato di cancro’? Non ci risulta, ma se l’avesse fatto avremmo scritto che il ‘solito Cassano’ ha insultato Tizio, mancato di rispetto a Caio, ferito la sensibilità di Sempronio. Nella NBA e nello sport americano in genere tutto questo si chiama ‘trash talking’, che nell’accezione di noi sudditi a mgliaia di chilometri è qualcosa di accettabile e di quasi simpatico (nonostante il fatto che non lo accetteremmo mai dal Materazzi o dal Totti della situazione: e giù virulenti editoriali), mentre al di là dell’oceano genera dibattiti non dissimili quelli calcistici nostri.

L’ultimo caso ha riguardato Kevin Garnett, mai stato un mostro di simpatia e spesso collocato dalla parte delle vittime (per un certo periodo della carriera gli avversari provavano a condizionarlo dandogli dell’omosessuale), che durante la partita fra i suoi Celtics e i Pistons ha provato a far saltare i nervi di Charlie Villanueva dandogli appunto del malato di cancro. Per fortuna di Villanueva la mancanza di capelli deriva dall’alopecia e non dal cancro, ma le frasi di Garnett restano e sono state rese pubbliche proprio dal destinatario sull’inevitabile Twitter: ”KG called me a cancer patient, I’m pissed because, u know how many people died from cancer, and he’s tossing it like it’s a joke”.  La versione di Garnett è diversa, visto che l’ala forte di Boston sostiene di avergli detto: ”Sei un tumore per la tua squadra” ed in ogni caso ha ricordato che quello che si dice in campo rimane in campo.

Non è che noi siamo in grado di ricostruire la frase vera, cosa che del resto non è riuscita nemmeno a chi era a bordo campo (per la cronaca i Celtics hanno stradominato: sia Garnett che Villanueva hanno giocato sui loro livelli), ma ferma restando la stupidità della presunta frase di Garnett ci limitiamo a ricordare che in questi casi si chiede ad atleti sotto stress e magari di cultura scarsa di usare una correttezza politica che non usa nemmeno il nostro vicino di scrivania. Fra i mille pareri il più interessante ci è sembrato quello letto su Espn.com di George Karl, allenatore dei Nuggets che al cancro è sopravvissuto: ”La competizione ci fa fare cose che non faremmo a mente fredda, sia sul piano pratico che su quello etico. Spesso anche noi allenatori ci comportiamo come bambini”. Siamo al ‘tutto deve rimanere in campo’ che vale per gli amici e non per i nemici.

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    I girasoli di via Dezza

    Oscar Eleni in fuga dal canyon colorato delle antilopi in Arizona per accarezzare la superluna fredda in arrivo il 5 dicembre, godendosela, come quella del castoro, dal campo del girasole in via Dezza a Milano , la strada doveva viveva Mario Borella, maestro per generazioni di cestisti nella città con scarpette rosse, per  il Leone […]

  • preview

    Il Muro della Pallacanestro 2025

    Lo spazio per commenti e interventi riguardanti lo sport più bello del mondo…

  • preview

    La musica è finita

    Oscar Eleni ai Caraibi  per dimenticare il Merdocene, questi anni bui, come li descrive un giornalista canadese, per brindare con la gente del Curaçao, 188 mila abitanti, il paese più piccolo mai qualificato per i Mondiali di calcio che l’Italietta bavosa non ha  ancora raggiunto. Dicono che siamo stati fortunati nei sorteggi per lo spareggio […]