Sport

L’ora dei saluti

Oscar Eleni 15/09/2025

article-post

Oscar Eleni in fuga dal polline delle case di Lambrate dove è cresciuto l’ingegnere Iliass Aouani, mezzofondista nato alla Riccardi e ora Fiamma Azzurra, bronzo meraviglioso nella maratona mondiale finita incredibilmente al  fotofinish dopo 42 chilometri e 195 metri infernali, fra pannoloni inumiditi dall’età e dal tempo con il tedesco Petros “beffato” dal tanzaniano Simbu, protagonisti inattesi nel Mondiale più sgangherato di sempre se pensiamo a tutti i guasti nella tecnologia e sui campi.

Per cercare aria diversa e la freschezza che ci serve, dopo aver azzerato l’audio televisivo, a parte le interviste della Caporale sulla Rai a cui perdoniamo anche l’aria melensa che si crea davanti ai battuti o a chi ha sbagliato gara, ci siamo accodati  dentro la fila gioiosa dei pinguini papua che si tuffavano nell’acqua gelida dell’Antartide con la grazia delle nostre migliori tuffatrici, la Pellacani dopo la Cagnotto.

Cercare consolazione per essere stato giustamente tagliato avendo esagerato nel pezzo per il Giornale sul tramonto naturalissimo di Tamberi e Jacobs, cosa che non  ammetteranno mai quelli che, per guadagnare, magari lucrare sui gettoni di presenza come ci suggerisce qualcuno, mentre il professor Ascani applaude l’atletica che gli manca alla vigilia di un’altra magnifica edizione milanese del cinema sportivo, li costringono a recitare per stare sulla scena comunque. Anche in assenza di prestazioni degne di campioni come il duo meraviglia delle olimpiadi giapponesi. Si può smettere, si deve smettere se davvero andare al campo ad allenarsi è sofferenza e  le gare diventano esami dove la folla, come le giurie più crudeli dei tormentoni televisivi, grida un no, non siete più voi.

Lasciarsi senza rancore, sperando di ritrovarli sempre nella famiglia dell’atletica, quella che gli ha voluto e gli vuole ancora bene. Ritirarsi è doloroso nel lavoro, nello sport, nella vita, ma quando il tamburo batte più lentamente bisogna dire basta. Nessuno dimenticherà. Ieri abbiamo applaudito quando Aouani urlava al generale di turno che non gli frega niente se diranno che anche lui, come la divina Battocletti, ha sangue marocchino, perché si sente italiano e grato, gratissimo all’Italia che  ha dato una casa e un lavoro  al padre, una vita diversa a lui diventato poi ingegnere civile negli Stati Uniti.

Non è mancanza di rispetto chiedere a due grandi campioni sul viale del tramonto di lasciare spazio alla luce che viene nella Tokyo umidiccia, meno bella di quella che nel 1991 ci diede tutto anche se fra gli inviati si litigava perché c’era chi preferiva lo scandalo, magari l’epilessia, a gare straordinarie come quella nel salto in lungo che resterà storica e ci addolora sapere che  il Mike Powell capace di sconfiggere Carl Lewis, facendo anche il record del mondo, è stato bandito dagli stadi per i peccati che si fanno dove il doping indica una strada sbagliata.

Non è da malvagi senza riconoscenza accompagnarli alla porta il Tamberi e il Jacobs, saranno per sempre nei nostri cuori, e come ha fatto il nostro fantastico ingegnere di bronzo con il cognome pieno di vocali, applaudendo il sesto posto di Chiappinelli, dispiaciuto per il ritiro di Crippa, alzeremo il calice ricordando i grandissimi italiani nella storia della maratona  da Bordin al professor Baldini, senza dimenticare Pizzolato, ringraziando il Massimo Magnani che un tempo correva anche bene. Come diceva il fantastico Bonomelli, l’atletica non dimentica mai nessuno, perché  dietro ai numeri per record straordinari ci sono donne e uomini che hanno ispirato racconti che vanno oltre la storia dello sport.

Certo che andiamo a brindare con Fabbri, certo che portiamo rose fresche a Palmisano e Battocletti, di sicuro saremo al banchetto che il sindaco di Milano organizzerà (non ridete, lo farà davvero anche  se non sono calciatori) per il nostro ingegnere maratoneta nato con la maglia verde dei Tammaro prima di andare con le Fiamme Azzurre, prima di scoprire  che anche nel giorno del trionfo in famiglia non è cambiato nulla e il padre è andato al cantiere dove lavora. Milano bausciona che scopre di avere tanta bella gente nell’atletica più bella e allora viva le società che ci credono ancora, cominciando dalla Pro Patria legata al Centro Universitario che cerca di essere sempre uguale a quella del ragionier Mastropasqua che da Bergamo vive le sue grandi nostalgie.

Notti magiche seguendo le mascotte del mondiale giapponese di atletica, fermandosi nelle Filippine per sentire De Giorgi che chiede ispirazione a Velasco per i suoi pallavolisti, proprio come faceva quando giocava per gli immortali. Mattinate del tormento negando agli ispettori dello share televisivo di aver azzerato spesso l’audio sulle dirette per non farsi distrarre dalla finta competenza o, magari dalla troppa competenza, come direbbero gli interessati  che non cambiano mai, come ci ha fatto notare il critico Grasso sul Curierun, giornale che a Tokyo ha davvero una bella squadra per l’atletica, mentre li bacchetta un po’ tutti.

Lasciato Fefè, il nostro palleggiatore preferito ai tempi in cui i Mondiali erano festa e le olimpiadi pallavolistiche tormento, eccoci fra le chiese di Riga per un campionato europeo di basket che alla fine ci ha davvero esaltato e  pazienza se il quintetto base scelto dai critici era fatto tutto con giocatori della NBA. Felici perché  a vlttoria della Germania  sulla splendida Turchia del maestro Ataman, sicuramente il miglior allenatore del campionato, come sanno bene quelli di Siena che con lui hanno cominciato a vincere, quelli di Brescia dove ha studiato e, adesso, i focosi tifosi del  Pana di Atene, successo meritato dopo tre rincorse che sembravano impossibili, partendo dal 13-2 inziale a favore dei turchi. Esaltando lo spirito del  gioco.

Come importante è stato scoprire i nuovi fiori di Finlandia, quarta dietro alla Grecia pasticciona del dio Giannis, col diciannovenne Mikka Muurinen che presto volerà sotto i canestri della NBA dove forse merita di stare già il Bonga tedesco con origini congolesi ora al Partizan del mago Obradovic, che coi suoi 20 punti e i tanti rimbalzi presi ha cambiato davvero la storia di una finale che ricorderemo almeno fino al prossimo europeo se davvero  l’atto conclusivo nel 2029 sarà organizzato dagli spagnoli al mitico Bernabeu di Madrid, stadio da 80 mila posti. Una esagerazione? Perché non crederci adesso che la competenza ci fa sapere del destino infame che spetta al basket europeo già sul tavolo  della NBA  e casomai degli emiri.

Facendo  ancora una sosta al bar dell’atletica, prima di tornare al basket agitato non soltanto dalle dimissioni via cavo del Poz, eccoci alle finali della super velocità. Sempre fra i pinguini, festeggiando la battaglia dei grandi velocisti vinta dal giamaicano Seville sul connazionale Thompson  e il  Lyles che spera di rifarsi sui 200 come Tebogo affondato nella finale dei centisti nella notte dove la velocista americana Jefferson lasciava solo argento alla giamaicana Clayton e un bronzo con le spine alla favoritissima Alfred. Sosta premiata promettendo alla discobola americana Allman che la sua danza con l’oro al collo e dopo  ogni lancio, proprio come faceva da ragazzina,  diventerà statua come quella di Mirone.

Per stare ai pasticci di casa nostra, mentre il presidente federale Mei si faceva medicare la ferita dopo la caduta che si è fatto cadendo mentre correva ad abbracciare le sue campionesse, ecco  la lunghista americana Davis andare oltre i 7 metri per far piangere la Mihambo mentre  noi facevamo fatica a capire la lite fra la Iapichino, la pedana e il papà allenatore.

Spazio ai sentimenti grazie al Domenicale campaniano tutto  dedicato agli 80 anni del Recalcati,  grade giocatore per Cantù e la Nazionale, allenatore dei tre scudetti in 3 città diverse, ultima medaglia della nazionale, argento olimpico ad Atene, accidenti era il 2004. Un capitolo è anche dedicato dal libro che il Micione di via Giusti ha messo insieme all’amico Angeretti lavorando sugli appunti del maestro Taurisano. Sapendo dell’anziano agli arresti domiciliari, per il fuoco che non si estingue su una schiena troppo vecchia, i due figli del Pavoniano di fratel Brambilla, amici per sempre, hanno pensato di mandarci il libro con dedica  avvelenata sfruttando la giusta curiosità di uno dei  figli allenatori che  è rimasto sbalordito scoprendo che non c’era nessun tecnico delle giovanili nella sala sui Navigli dove veniva presentato il lavoro reso possibile anche dalla famiglia del  Tau, la mitica moglie Germana e la figlia capaci di custodire gli appunti di un cercatore magico di anime e di funghi oltre che di cestisti con qualità. Col basket si tornerà a litigare con la supercoppa cercando di capire se Armani e Virtus campione sono davvero ancora le più forti dopo il ribaltone dell’estate.

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    Il Muro dello Sport 2025

    Lo spazio per i commenti su sport che non siano calcio, pallacanestro e tennis….

  • preview

    Il Muro dello Sport

    Lo spazio per tutti gli sport diversi da calcio, pallacanestro e tennis…

  • preview

    La fuga dei Garavaglia

    Oscar Eleni a spasso fra le meduse di Gravelines che stanno intasando l’impianto nucleare nella zona di Dunkerque, le stesse che sembrano smaniose di aprire un dialogo con i polipi dello sport, quelli che stanno facendo le valigie per i mondiali di atletica, pallavolo, gli europei del basket, i troppi già seduti nelle tribune estive […]