Basket

Lo spirito dell’Ottantadue

Oscar Eleni 25/08/2025

article-post

Oscar Eleni nei boschi d’Edimburgo con la tribù del tenore dimenticato che cerca di riconquistare terre perdute. tenendo lontano il drago blu, mollusco velenoso visto anche sui tavoli della finta pace e della politica, che terrorizza i bagnanti sulla sabbia di Alicante, senza provare emozione per le squadre di calcio che benedette nel fantacampionato e nelle amichevoli di preparazione si sono schiantate come il Milan alla prima curva, in attesa che il povero Gattuso riesca a convincere chi dovrà riportarci al mondiale che la maglia azzurra vale più dello spritz con l’agente assatanato che prega ogni giorno per avere un mercato sempre aperto, che si fottano gli allenatori se nei discorsi prepartita ai loro giocatori scorrono molti auricolari appiccicati con la vaselina.

Meglio se ti augurano sfortuna, se ti criticano, dice il Tudor che finalmente sorride nella casa juventina scollegata con la Ferrari e non vuol saper niente dei guai del povero Bagnaia in una moto che non lo riconosce più. O, magari, è meglio se sei bravo davvero come Sofia Raffaeli, regina col cerchio nell’artistica mondiale che con la musica di Modugno fa ballare i brasiliani di Rio e dopo il trionfo non dimentica lo sfortunato ginnasta Bonicelli a cui tutti auguriamo di ritrovare la salute e la gioia sugli anelli, meglio se nuoti già da grande nelle rassegne mondiali giovanili come D’Ambrosio o la Mao, ma meglio ancora è partire per grandi manifestazioni invocando gli dei che hanno ispirato Arrigo Sacchi quando le sue squadre di calcio incantavano, salvando la sua casa di Milano Marittima quando la tempesta ha fatto volare sui tetti pini secolari.

Speriamo davvero che il vangelo del mago di Fusignano a cui si affidava il suo campione e allievo Ancelotti, l’idea che servano sempre pazienza, occhio e bus dal cul, aiuti i viandanti in viaggi per campionati europei o mondiali come la nazionale di basket del Pozzecco che pensa di proteggersi quando giura di non pensare alla bella carriera, o le imbattibili della pallavolo del Velasco che sa bene come sia facile cadere dall’altare nella polvere, anche dopo aver vinto una Olimpiade, se ti illudi che tutto sia diventato facile nell’Italia che tifa per te, salvo poi tirarti pomodori. Lo avrà pensato il De Giorgi disperato per il brutto infortunio che gli ha tolto Lavia, campione che mancherà anche alla sua Trento per molti mesi, riaprendo il doloroso libro delle lamentele fra società e federazioni, alla vigilia della partenza per i mondiali di volley nelle Filippine.

Diciamo che si sta meglio da sfavoriti, lo sappiamo tutti, lo abbiamo imparato sulle tribune del Sarrià nel 1982 quando il nostro caro amico Beppe Viola, un grande del giornalismo radiotelevisivo, ci invitava a stare calmi mentre l’Italia di Bearzot, maledetta dalle grandi firme nelle qualificazioni, stava battendo il Brasile che secondo lui si sarebbe arrabbiato e ci avrebbe puniti nella ripresa, cosa che non era avvenuta con l’Argentina di Maradona. Erano i giorni in cui l’agenzia viaggi Pisapia era assediata da colleghi famosi convinti che non saremmo mai arrivati alle finali di Madrid. Con questo veleno addosso invece facemmo arrivare addirittura il presidente Pertini in tribuna a festeggiare.

La stessa atmosfera vissuta per il Mondiale vinto a Berlino dai diseredati di Lippi che Gigi Riva proteggeva nei giorni difficili e nella festa, lasciando il pullman il giorno della festa quando chi aveva maledetto quella spedizione voleva fingere di aver sempre creduto nella vittoria. Atmosfere diverse da quelle dell’Italia messicana che perse la finale contro il Brasile come quella di Sacchi negli Stati Uniti quando a Pasadena c’era chi gufava davvero mentre si tiravano i calci di rigore sperando nella caduta di quella squadra lasciando sbalordita persino la moglie dell’amico cestista che ci ospitava a Hollywood.

Come inviato fra Olimpiadi e mondiali vari ho sicuramente dei peccati personali da scontare non solo con il calcio, ma anche con altri sport, a parte la scherma che ha quasi sempre mantenuto quello che prometteva, o, magari, rugby e baseball, che davano quello che avevano senza pretendere miracoli. Era accaduto con il ciclismo quando Argentin vinse nel 1986 a Colorado Springs e non credemmo alle previsioni pur avendo al fianco un talento professionale come Piero Mei, è successo con la pallavolo alla prima avventura mondiale di Velasco contro la torcida brasiliana e il talento cubano.

Nel basket ci siamo vergognati di aver dubitato tante volte. Alle Olimpiadi di Mosca, il giorno in cui l’Italia di Gamba tolse il sorriso ai tifosi della grande Unione Sovietica di Sergei Belov, aprendosi la strada per la medaglia d’argento, litigammo con il cuore e scegliemmo le finali del nuoto, perdendo la vista sui monitor televisivi che davano quella partita di basket. Col sciur Gamba e il barone Sales siamo in debito avendo giurato di non conoscerli prima della vittoriosa rissa contro contro la Jugoslavia del Kicanovic furioso, sedendoci poi nella tavola della vittoria senza vergognarci, ma soltanto felici per quell’oro europeo di Nantes tre anni dopo Mosca.

Abbiamo fatto finta di essere ancora con l’Italia del Boscia Tanjevic, meravigliao anche nell’ultima intervista con Giulia Arturi sulla Gazzetta, dopo la stangata presa dai lituani di Sabonis prima di sapere che a Parigi sarebbe stata Azzurra stupore mentre i grandi favoriti si ubriacavano prima ancora di andare in campo. L’ultimo oro per il nostro basket. Era il 1999. Altro secolo.

Peccati che vorremmo ripetere anche adesso salutando Pozzecco e la sua delicatissima armata in partenza per Limassol. Per fortuna sua dopo l’incenso esagerato che arrivava sulla panchina dalle tribune, dai microfoni televisivi, nelle amichevoli di Trento, Trieste e Bologna, quasi tutti si sono accorti nel torneo dell’Acropolis che Azzurra sembra sempre un po’ troppo tenera, anche se tutti si dichiarano felici in quella squadra, anche se per adesso l’aggiunta di Thompson ci appare meno importante di quello che sognavamo, maledicendo l’infortunio del Tonut che, però, già a Trieste, sembrava fra i sacrificabili come scrivevano i giornali tipo il Piccolo.

Ora siamo tutti in attesa che Danilo Gallinari tolga le pantofole del giusto riposo e l’aureola per il primo titolo in carriera vinto in Portorico con i Vaqueros, giocando da MVP anche in giornate tormentate dopo l’assalto dello squalo alla moglie. Vedremo subito contro la Grecia che anche senza il suo fenomeno ci ha battuto ad Atene dopo averci illuso nei primi 20’ chiusi sui sul 30 a 40.

Con questi dubbi in valigia l’Italia parte bene: tutti sanno che non sarà certo facile prendersi una medaglia contro colossi tipo la Germania o la Serbia di oggi, per non parlare dei greci e della Francia, sapendo che forse la Spagna di Scariolo, questa volta, non è proprio da corsa per l’ultima recita con una Nazionale a cui ha dato medaglie prestigiose, viaggio particolare per l’avvocato bresciano che l’anno prossimo tornerà nei club e sfiderà la grande Europa con il Real Madrid.

Tutti dovrebbe ascoltare Recalcati quando ricorda come sia meglio partire da sfavoriti, tutti sanno che le grandi visioni di Boscia Tanjevic, adesso che ha ritrovato il Pozzecco, un talento che avrebbe anche voluto nell’europeo francese se il mattocchio non avesse esagerato nel far sapere alla viglia, come tanti marchesi del grillo, che lui era lui e gli atri erano tutti un po’ meno, possono anche aiutare giovani talenti, allenatori con un’anima, ma restano soltanto come affettuose carezze per accompagnare una squadra che se tornerà con una medaglia avrebbe tutto il diritto di mandarci a vendere sardine in scatola. Forza Azzurri, si cambia volentieri lavoro anche dopo gli 80 anni.

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    Il Muro della Pallacanestro 2025

    Lo spazio per commenti e interventi riguardanti lo sport più bello del mondo…

  • preview

    Quelli che dicono Bro a Pozzecco

    Dell’imbarazzata e imbarazzante (l’applauso solitario dell’addetto stampa al video dall’America è già culto) conferenza stampa in cui Pozzecco e Datome hanno spiegato il mancato arrivo in Nazionale di Donte DiVincenzo abbiamo già scritto a caldo sul Guerin Sportivo, non stiamo qui a riciclare. Ribadiamo soltanto che nel momento in cui la convocazione era diventata ‘invito a […]

  • preview

    Il nostro Bonamico

    Oscar Eleni in lacrime, nella capanna di un villaggio nel Sud-Est del Kenia, dopo aver sentito i tamburi che annunciavano la morte di Marco Bonamico, bel giocatore di basket, il nostro caro marine che Peterson scatenò contro la potenza di fuoco varesina,  due scudetti con la Virtus, una stella per sempre nel cielo  bolognese, argento […]