Calcio

L’Italia di Grifo e Scifo

Indiscreto 12/11/2020

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L’Italia con Evani in panchina, più Vialli e Oriali a riportare i messaggi del positivo (al Covid) Mancini, ha battuto 4-0 l’Estonia in un’amichevole resa ancora più insulsa dal periodo che stiamo vivendo. Questo non toglie che anche la Nazionale B, per non dire C, abbia assorbito il buon clima che Mancini ha creato, di fatto dando una chance a quasi ogni italiano giocante in Serie A. È stata la grande notte di Vincenzo Grifo, fra l’altro un pallino di Evani più che di Mancini, con due gol e tanto altro.

La prestazione del trequartista del Friburgo è un pretesto per una piccola riflessione sul senso di appartenenza e sull’identità nazionale, paragonando la sua storia a quella del quasi omonimo Vincenzo Scifo, che per chi ha più di 40 anni (cioè il lettore tipo di Indiscreto) non ha bisogno di presentazioni. Grifo è figlio di immigrati italiani, pugliese la madre e siciliano il padre, ma è tedeschissimo di nascita, educazione, formazione calcistica e carriera: se la Germania lo avesse a suo tempo convocato lui adesso giocherebbe (o non giocherebbe) per Löw. Che poi indubbiamente ami l’Italia e che abbia ottenuto il passaporto italiano senza tarocchi è un altro discorso.

La storia di Scifo è ben diversa, nonostante le premesse apparentemente simili. Figlio di un siciliano emigrato in Belgio per fare il minatore, fin da bambino ebbe con tutta la famiglia l’ossessione del ritorno in Italia come riscatto sociale ed economico (i Grifo se la sono sempre passata meglio). Il padre Agostino, tifoso della Juventus (i Grifo sono invece interisti) ed in particolare di Bettega, fece l’impossibile per far avere provini presso tutti i club importanti d’Italia a quel suo ragazzo che comunque era già l’adolescente più forte del Belgio, in procinto di esordire nella prima squadra dell’Anderlecht. Mai una risposta, come avrebbe raccontato con dolore Vincenzo anni più tardi.

L’unico che tentò di dargli una chance fu Bearzot, che alla vigilia degli Europei del 1984, dove Scifo da diciottenne sarebbe stato una della stelle nello squadrone di Pfaff, Ceulemans, Vercauteren, eccetera, si interessò agli aspetti burocratici della vicenda. Le regole dell’epoca erano però diverse, Scifo aveva il passaporto belga e aveva già giocato con il Belgio, la sua scelta era da considerarsi irreversibile. In Italia sarebbe andato a giocare insieme seguito, nell’Inter e poi nel Torino, ma da straniero. Una ferita nella ferita.

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