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Italia del rugby fuori dal Sei Nazioni?

Indiscreto 18/03/2019

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L’Italia del rugby ha chiuso il Sei Nazioni 2019 perdendo 14-25 contro la Francia all’Olimpico: solito ultimo posto in classifica e soliti discorsi sulle belle sconfitte, anche se a noi profani la partita di sabato è sembrata davvero buona e piena di occasioni perse. Comunque sia, gli azzurri non vincono una partita di questo torneo dal 28 febbraio 2015, quando prevalsero sulla Scozia, e nel Sei Nazioni sono arrivati a 22 sconfitte consecutive. Quasi tutte con O’Shea commissario tecnico, molte piene di rimpianti e dei soliti complimenti di media che non sembrano brillare per senso critico, con qualche polemica arbitrale (secondo noi giustificata) in più rispetto alle poche che una volta caratterizzavano il rugby. Dove politicamente uno non vale uno, la struttura della federazione internazionale lo mette onestamente nero su bianco. All’orizzonte il Mondiale in Giappone, dove non siamo esattamente i favoriti in un girone con Nuova Zelanda e Sudafrica.

Abbiamo letto che quella di rugby è la seconda federazione più ricca dopo la FIGC, per merito fondamentalmente del Sei nazioni (a cui l’Italia partecipa dal 2000) e dei meccanismi di sponsorizzazione che ha messo in moto. Un altro dato che noi al bar siamo in grado di comprendere è il crollo degli spettatori per le partite casalinghe dell’Italia, arrivati a circa 45.000 e sostenuti in maniera robusta dai tifosi-turisti delle nostre avversarie che volentieri si sparano un fine settimana a Roma. Anglosassoni e francesi ci prendono in giro ma non sono pazzi, sono in grado di comprendere l’utilità di avere nel giro l’Italia invece della Georgia, ma la sensazione del pubblico generalista è di essere alla fine di un’era e non soltanto per il prossimo addio di Parisse.

Il treno per diventare uno sport di massa e per uscire dalla regionalizzazione sembra passato. Rimangono i soldi per tenere in vita una discreta nazionale piena di naturalizzati, che però fa chiedere anche a molti appassionati se abbia senso continuare a partecipare al Sei Nazioni. Da ricordare che siamo pur sempre la quattordicesima nazionale del mondo  e si tratta di una posizione, parlando di uomini, di poco inferiore a quella della pallacanestro (13) e superiore a quella del calcio (18), con la pallavolo (3) su un altro pianeta. Conclusione? Secondo noi meglio perdere e riperdere nel primo mondo rugbistico che fare i fenomeni nel secondo. La domanda però rimane: l’Italia dovrebbe rimanere fuori dal Sei Nazioni? Vale sia nel senso della nostra utilità sia in quello dell’utilità di chi ci batte sempre.

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