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L’Italia dei non furbi in festa per la Red Bull

Stefano Olivari 14/11/2010

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di Stefano Olivari
Ha vinto lo sport, si dice sempre quando a vincere è la squadra o il campione per cui tifiamo (o a perdere quelli per cui non tifiamo). Il Mondiale di Formula Uno non fa eccezione, visto che non conoscendo minimamente la materia ci siamo accostati al Gran Premio di Abu Dhabi spinti solo dalla sonnolenza post-prandiale, da Diretta Gol che sembrava quasi quello della B del sabato e appunto dal tifo puro.
Contro il ferrarismo obbligatorio e i suoi cantori, contro il culto di Montezemolo e quell’imprenditoria fatta solo di apparenza (Charme, verrebbe da dire) che ha consegnato l’Italia a chi schiavizza i suoi operai (e lo può fare perchè partivano dal rango di schiavi e non di operai). Ma ha vinto lo sport, dicevamo. Incarnato da una Red Bull che a San Paolo aveva scelto coscientemente di suicidarsi, senza impartire ordini di scuderia a Vettel che aveva potuto vincere la sua gara sul compagno Webber che in una logica ‘italiana’ e ferrarista avrebbe avuto più bisogno di lui dei punti del vincitore. Curiosamente i 5 punti ‘poco furbi’, la differenza fra primo e secondo posto, sono stati decisivi, perché Vettel il Mondiale l’ha vinto di quattro lunghezze. E così questi stupidi hanno conquistato sia il Mondiale costruttori che quello piloti, senza bisogno delle strategie ferrariste del GP di Germania che sono costate 100mila euro di multa (stipendio annuale di quattro operai Ferrari) ma soprattutto la faccia nei confronti di un pilota come Massa che in fondo rischia la vita come Alonso (peraltro grandissimo, per lui ci spiace davvero). Per questo oggi c’è un’Italia che esulta, un’Italia senza maglia e senza bandiera che detesta i furbi e gli avvocaticchi che questa furbizia sono pagati per giustificare. Nel novanta per cento dei casi l’esito finale è diverso, quindi un grazie a Chris Horner. Non ci saranno la tradizione (sono in in F1 solo dal 2005), il mito, l’orologio sopra il polsino, eccetera, ma è stato bello lo stesso.

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