Economia

L’ipocrisia delle scommesse senza pubblicità

Indiscreto 03/07/2018

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La misura più assurda fra quelle contenute nel cosiddetto Decreto dignità, con cui i Cinque Stelle provano a far capire ai loro elettori che al governo ci sono anche loro (l’ha approvato anche la Lega, ma quasi come moneta di scambio per la mano libera sui migranti), è quella che vieta la pubblicità a qualsiasi tipo di gioco o di scommesse che preveda vincite (ed evidentemente anche perdite) in denaro. Esclusi i contratti già in essere e la Lotteria Italia, i cui biglietti notoriamente sono acquistati da insigni matematici e statistici.

Al di là degli evidenti danni per le società sportive, che avranno ancora più difficoltà nel reperire sponsor, per i media di ogni tipo e per lo stesso Stato, quello che colpisce del provvedimento è l’ipocrisia che in altri tempi, quando c’erano al governo i cattocomunisti, avremmo definito cattocomunista (ma il vero Cinque Stelle è un po’ di questa razza, va detto), che in alcune materie, come il gioco, può mostrare i muscoli senza avere contro un vero avversario. Ve la immaginate una manifestazione di bookmaker o di scommettitori? Da sottolineare comunque che ci si può solo basare su stime, visto che ciò che transita sui social network è difficilmente quantificabile: fra televisione (che da sola vale circa 70 milioni), altri media e sponsorizzazioni siamo fra i 150 e i 200 milioni all’anno di investimenti pubblicitari totali nel settore dei giochi e delle scommesse.

Il grande problema dell’Italia è la ludopatia? Ammesso e non concesso che sia così, allora aboliamo direttamente i giochi e le scommesse. Che invece rimangono legali, così come la vendita di sigarette e quella di alcolici (quest’ultima con tanto di pubblicità permessa), con il buon vino che ha rovinato molte più famiglie rispetto all’over di Twente-Volendam. Insomma, Di Maio non salverà nessuno dal suo vizio e farà perdere soldi a Stato, club sportivi e media. In prospettiva anche la camorra festeggia.

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