Calcio

L’identità uruguayana

Stefano Olivari 26/06/2010

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di Stefano Olivari
Le partite senza calcoli sono iniziate con una clamorosa battaglia, che l’Uruguay alla fine ha vinto di puro fisico pur subendo nel secondo tempo gli assalti e gli inserimenti dei sudcoreani. Un quarto di finale guadagnato con il difensivismo intelligente di Tabarez, che ha tolto dagli ingredienti la provocazione e lasciato la garra, ma non perso da uno Hu Jung-Moo che ha schierato la formazione propositiva di sempre.
Chiaro il modulo della Celeste, con cui si andrà fino alla fine (e la fine potrebbe essere una semifinale con il Brasile, come nel 1970): quattro difensori rispetto ai tre-cinque con cui si era iniziato il torneo, dei quali Lugano sembra più un libero che un centrale ‘moderno’, tre centrocampisti solidissimi e tre attaccanti che allargano il campo scambiandosi anche le posizioni. Un po’ modificato rispetto al girone anche quello coreano, con Park Ji-Sung più centrale dietro a Park Chu-Young sperando nell’esplosione di Lee Chung-Yong a sinistra. La partita si apre subito, dopo un palo colpito su punizione da Park Chu-Young (prima volta in Sudafrica 2010 in cui si vede lo Jabulani scendere dopo una punizione calciata a giro, in maniera classica, sul primo palo) e grazie a un clamoroso errore di valutazione della difesa coreana ed in paricolare del portiere Jung Sung-Ryong: in nove contro due guardano passare un cross rasoterra di Forlan che taglia tutta l’area e viene messo dentro dal prontissimo Suarez. L’ennesima ‘scoperta’ di questo Mondiale, perché l’Ajax gioca a porte chiuse e lascia fuori dall’Arena le telecamere. Per tutto il primo tempo l’Uruguay rimane raccolto, quasi scherzando con una squadra che non azzecca una triangolazione e tira da 40 metri. Nel secondo tempo Tabarez sostituisce Godin con Victorino in mezzo alla difesa, ma il nipote del più noto Waldemar (l’attaccante del Mundialito e del Cagliari) combina un disastro dopo l’altro e si perde tutti gli avversari che si inseriscono dalla sua parte. Dopo un rigore non avuto per fallo di Cavani la Corea pareggia con Lee Chung-Young, pronto a mettere in rete di testa un pallone vagante sottoporta con qualche colpa di Muslera, e rischia più volte di segnare il due a uno, ma a dieci minuti dalla fine Suarez trova il gol più importante dela carriera rientrando da sinistra destra e centrando un palo-gol memorabile. Non è finita, l’assalto finale della Corea è disperato ma anche ordinato e su uno dei cinquanta tagli il subentrato Lee Dong-Gook si mangia il gol dei supplementari. Sono passati i più forti, forse anche i più meritevoli: bello comunque vedere due squadre con un’identità propria, senza importare dall’estero santoni (la Corea del Sud era stata al Mondiale anche prima di Hiddink, l’Uruguay a parte i poco memorabili Hohberg e Passarella non ha mai avuto allenatori stranieri) e rielaborando invece idee a disposizione di tutto il pianeta.

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