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Let’s go Brandon

Stefano Olivari 05/11/2021

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La storia di ‘Let’s go Brandon’ è meravigliosa. Come è possibile che incitare un pilota NASCAR sia diventato da oltre un mese un indiretto insulto a Joe Biden? Ovviamente la colpa è anche dei giornalisti, visto che un mese fa durante un’intervista a Brandon Brown, vincitore di una gara a Talladega, Alabama, una folla tipo quella dietro Luigi Necco ha iniziato a cantare ‘Vaffanculo Biden’ e cose simili. Luogo comune confermato: chi segue la NASCAR ed in generale i motori è trumpiano, quindi tutti contenti.

L’intervistatore della NBC ha gestito la cosa in maniera geniale, affermando in diretta che la folla stava urlando ‘Let’s go Brandon’, forza Brandon. E il regista è andato oltre, togliendo poi l’audio. Inutile dire che nel 2021 niente può passare sotto silenzio e quindi in breve ‘Let’s go Brandon’ è diventato il simbolo di diverse cose: la censura dei media democratici, il declino di Biden come popolarità, la pretesa dei ‘buoni’ di insegnare le buone maniere agli avversari. Tutto ciò che è nato sul web e che è diventato addirittura merchandising è stato poi cavalcato non solo da Trump ma anche da Ted Cruz, il più probabile (in questo momento) candidato repubblicano per il 2024 e da altri.

Con risultati politici modesti, perché nessuno cambia idea per un cappellino con scritto Let’s go Brandon, ma evidenziando il già noto senso dell’umorismo delle sinistre di tutto il mondo. Con un risultato paradossale: l’unica vittima di tutta la vicenda è stato Brown, che a Talladega ha vinto la prima gara NASCAR (non proprio: campionato Xfinity Series, una sorta di Serie B della NASCAR) della sua vita e che nonostante questo ha visto volatilizzarsi, lo ha spiegato lui stesso, i già pochi sponsor che aveva per il 2022. Nessuna grande azienda vuole infatti essere accostata al trumpismo ed in generale all’America piccolo borghese bianca. Ma fra le serie di Netflix, le pubblicità progresso e la realtà c’è ancora differenza.

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