Basket

L’anello dei poveri

Stefano Olivari 17/06/2009

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Il basket italiano ha ieri toccato uno dei suoi punti più bassi, in un Forum pieno di spettatori occasionali: di quelli che si muovono solo quando c’è l’evento, secondo le peggiori tradizioni non solo milanesi. Non certo per il dominio imbarazzante del Montepaschi, colpevole solo di aver costruito con grande intelligenza una squadra disponendo di budget simili a quelli di Armani, Lottomatica e La Fortezza, e di un terzo rispetto ai top team di Eurolega, e nemmeno per il crollo soprattutto nervoso di un’Olimpia andata al di là delle aspettative di metà stagione (quando nemmeno riuscì a qualificarsi per le Final Eight di Coppa Italia). Ma perché una squadra che in Europa prende da anni porte in faccia appena si avvicina alla vetta, a volte per colpa sua (il suicidio dell’anno scorso con il Maccabi) e a volte perchè c’è chi è più forte (il Pana), in Italia può vincere di 35 contro la finalista non appena schiaccia un tasto. Sì, proprio come nel calcio, tanto per tornare al solito bar. Poi Siena apprende con piacere di essere la squadra italiana più forte di tutti i tempi, come si è ascoltato da più parti (mai denigrare il prodotto, del resto il responsabile dei canali sportivi di Sky Sport è un esperto di marketing e non un giornalista): si vede che chi arrivava per dieci anni su dieci in finale di Coppa Campioni, con al massimo due stranieri, aveva molta fortuna. Senza gli occhiali deformanti del tifo e del campanilismo è sempre più difficile trovare un motivo per preferire la NBA dei poveri, come è un campionato professionistico minore (vale anche per la mitizzata ACB), a quella vera o meglio ancora alle minors più vicine all’essenza dello sport. Quest’anno i motivi erano due: gli eroismi, con prospettive diverse, di Teramo e Rieti. L’anno prossimo potrà essere la perfect season, quest’anno rovinata dalla Fortitudo? Ci sembra poco, anche se saremo sempre lì.
stefano@indiscreto.it

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