Calcio

L’addio di Totti, cosa per romanisti

Stefano Olivari 30/05/2017

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L’addio di Francesco Totti ci ha ricordato una volta di più che tutti siamo tifosi, soprattutto quelli che dicono di non esserlo o, peggio ancora, asseriscono di tifare per una squadra lontana dal luogo di residenza: il West Bromwich Albion, il Getafe, i Boston Celtics. Ci sta quindi che i tifosi  e i giornalisti-tifosi della Roma abbiano celebrato in maniera degna il saluto al calcio giocato di Totti, non soltanto per il valore del giocatore ma per ciò che ha rappresentato per la Roma in questi ultimi 25 anni in cui il mondo è cambiato a una velocità impressionante, che ha reso le bandiere come Totti casi quasi unici.

Ci sta meno che questo sia avvenuto in una partita in teoria vera come quella con il Genoa e non in un’amichevole (con l’Olimpico strapieno, il giorno dopo un altro tutto esaurito per la finale di Coppa UEFA con l’Inter) come fu per Bruno Conti. Mai nella vita Spalletti, oltretutto alla sua ultima partita sulla panchina giallorossa, avrebbe dato quasi un tempo di gioco a un quarantenne che camminava, con la partita in bilico. Buon per noi che abbiamo messo con fiducia la casa sull’over 3,5, male per i napoletani. Soltanto sensazioni, alla fine ci è bastato passare all’incasso.

Quello che di sicuro non va bene è che il tottismo mediatico sia dilagato su tutti i canali, con toni ridicoli visto che stiamo parlando di giornalisti adulti. E totalmente privi di senso critico, anche nei confronti del messaggio commovente ma palesemente ‘pettinato’ (da Maurizio Costanzo o da altri) letto dal capitano della Roma, con quelle due o tre cose messe lì con grande mestiere (in particolare ‘Ho paura’) proprio per ispirare editoriali e titoli. Come J.R. Moehringer per Agassi, fatte le debite proporzioni. Niente di simile era accaduto con Paolo Maldini, anche lui in campo fino a 41 anni, o Del Piero alla Juventus fino a 38 (Galliani e Agnelli li sopportavano quanto Pallotta sopporta Totti), senza risalire alla preistoria di Boniperti, per non dire Mazzola e Rivera, e senza fare i paragoni, forse più pertinenti, con Bulgarelli, Riva e Antognoni.

L’amore di un popolo per il suo campione è la base del calcio, ma agli altri pur nel rispetto (manifestato anche dagli Irriducibili della Lazio) non importa nulla delle celebrazioni per Totti, che rimane un grandissimo personaggio locale. Poi magari c’è chi trova una buona idea che canali nazionali, dalla Rai a Sky, si siano trasformati in Roma Channel con inviati in certi casi imbarazzanti.

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