Calcio

La tassa di Conte

Stefano Olivari 30/12/2020

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Quanto pagano di IRPEF Antonio Conte, Matthijs De Ligt e Zlatan Ibrahimovic? Il 21,5%, diversamente dal 43% di Ranocchia, Bonucci e Calabria. Una bella differenza, considerando i soldi in campo, ma tutto nella legalità: forse. Perché questa parte del Decreto Crescita del 2019 è tornata in discussione, visto che manca un Dpcm per l’attuazione e non è chiaro se emanarlo adesso, ammesso che ci sia la volontà politica di farlo, possa avere effetti retroattivi. Un po’ dovunque potete trovare i dettagli, quindi andiamo direttamente sugli effetti, secondo noi, che questo ennesimo errore di Conte (Giuseppe), ai tempi al governo con la Lega, avrà sul calcio.

La logica dice che le imposte arretrate, per la differenza delle aliquote, dovrebbero essere pagate dai calciatori. È vero che le trattative sugli ingaggi avvengono sul netto, ed è per questo che questo sconto fiscale per chi non aveva residenza in Italia nei due anni precedenti ha avuto successo, ma è anche verissimo che i contratti sono scritti e firmati al lordo. Inter, Juventus, Milan, eccetera, possono essere sostituti di imposta attraverso le ritenute, ma in ultima battuta non sono loro i debitori nei confronti del Fisco. Nella peggiore delle ipotesi, cioè quella di non poter sistemare in maniera retroattiva questo casino, i calciatori potrebbero perdere soldi che credevano di avere già in tasca o che magari hanno già speso: come al solito il potere contrattuale di ognuno genererà il ‘venire incontro’ del club, partecipando al versamento fiscale.

Ma venendo a noi, cosa cambierà? In assenza di chiarezza, a gennaio un po’ tutti staranno fermi, faranno scambi fra giocatori della stessa taglia o punteranno su cessi dall’ingaggio leggero spacciati per mosse intelligenti. Per il futuro si vedrà, anche se è chiaro che tutti, ed in particolare i grandi club, avranno l’interesse nello scaricare ingaggi, a costo di regalare i giocatori o di prestarli all’unico che li chiede, tipo Rugani e Nainggolan. È poi ovvio che i 236 milioni lordi di monte ingaggi della Juventus verranno gestiti diversamente dai 42,6 dell’Atalanta e dai 22 dello Spezia. Così come è prevedibile la demagogia che si scatenerà contro la eventuale reiterazione di questo ‘sconto ai ricchi’.

Senza fare per forza Briatore, dovrebbe essere chiaro a chiunque che il 21,5% del reddito di un ricco vale di più del 43% di quello di un benestante e senz’altro molto di più dello 0% di quello di un povero. Uno Stato che facesse gli interessi dello Stato, quindi dei suoi cittadini, dovrebbe sempre avere interesse nell’attirare i ricchi e nel respingere i poveri. Ed attrarre lavoratori qualificati invece di sottoproletariato che grava sui servizi pubblici. Poi per motivi etici, politici o religiosi si possono anche preferire i poveri, andando a fondo insieme a loro, ma sono scelte. Non è che tutto debba girare intorno ai soldi, ma se si parla di soldi la convenienza è chiara.

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