La serenità degli Agnelli

27 Febbraio 2011 di Federico De Carolis

di Federico De Carolis
Adesso sì che hanno perso la testa e sono ridotti come una provinciale qualsiasi. Povera Juve, in che mani sei finita? Non sono le sconfitte che pesano, non è la classifica che sta diventando persino preoccupante. C’è dell’altro. C’è che siamo di fronte a una crisi irreversibile.
La cui causa, secondo i responsabili tecnici e organizzativi e secondo gli stessi giocatori, va ascritta a una non meglio precisata ‘mancanza di serenità’, una di quelle frasi fatte che i giornalisti sportivi ripropongono quando non hanno il coraggio di indicare un colpevole diverso dall’allenatore. E’ vero, il calcio è complesso, a volte astruso (specie quando ci sono sconfitte a ripetizione senza un vero perché), ma il problema è che in estate la Juve aveva intenzione presuntuosamente di vincere un Gran Premio a bordo di una 500, sia pure truccata. Non si fa, non si pensano neppure certe cose. E non si parla di mancanza di serenità per una squadra che si chiama Juventus. Come se le vittorie del recente passato fossero state ottenute senza tensioni e polemiche.
Ritrovare serenità, poi, che cosa significa? Forse qualcuno è intervenuto a turbare i sonni e i sogni juventini?
Se i sogni muoiono all’alba per la Juve non c’è stato nessun risveglio ormai dai tempi dei tempi. L’hanno costruita come fosse una semplice provinciale navigando a vista e facendola dirigere nei porti più squallidi. L’hanno guidata senza bussola, senza il senso del successo che era insito nel suo dna ma che non poteva ritrovare così com’è stata strutturata. E’ arrivata la fine senza che nessuno abbia compiuto un’analisi seria e approfondita delle cause che hanno portato a questo stato di cose che sono arcinote e rendono chiaro il perché dello sfascio attuale. Nè il giovane Agnelli insieme a tutta la famiglia riconoscono di aver sbagliato molto e di più addirittura di chi li ha preceduti, anche se hanno tutto il tempo per tornare a essere gli Agnelli veri (tanto chi li può cacciare?). Ma se non vogliono ammettere d’aver sbagliato come i comuni mortali, una scelta personale condivisibile o meno, almeno agiscano di conseguenza.
Pensare a Del Neri come miglior tecnico possibile, pensare ai giocatori come gente che non voglia impegnarsi e cercare di scaricare ogni colpa sulle loro prestazioni, non porta davvero lontano. Il ‘tutti colpevoli’ è demagogico e generico: un errore davanti alla porta è colpa dell’attaccante, un errore tattico è colpa dell’allenatore, ma un disastro a livello di strategia è colpa di chi delinea le strategie. E non di Marotta, che ha sommato i suoi tanti errori a strategie che comunque erano sbagliate. Ogni botte dà il vino che ha e se uno è mediocre non può uscire fuori della sua mediocrità solo perché indossa una maglia carica di storia e di glorie. Oppure c’è da pensare, senza concedere alcun beneficio del dubbio, che davvero non era la Juventus a vincere ma la sola potenza degli Agnelli? Forse in parte può essere vero, ma se davvero esisteva questa forza nascosta, sicuramente era ben mascherata da una squadra che sotto qualsiasi bandiera non avrebbe magari stravinto campionati su campionati, ma sarebbe stata sicuramente all’altezza delle migliori del momento, di ogni momento della storia calcistica italiana. Vedere la Juve ridotta così, vedere i suoi dirigenti arrampicarsi sugli specchi per giustificare due sconfitte consecutive e chissà quante altre ancora di qui alla fine del campionato, effettivamente desta un senso di pena e di sconforto persino nel tifoso che sportivamente l’ha odiata da sempre e da sempre l’ha combattuta. Per il momento infatti, sembra inconcepibile che un Bologna, per quanto forte e deciso, riesca a beffarla a Torino. I rimedi? Non sono facili e non offrono sicurezze per il futuro, soprattutto non sta a noi indicarli se non guardando dall’esterno quella situazione precaria che non parla di serie B ma che neppure avvicina la Juve a quella di anni lontani quando si sceglieva di stare per una stagione o due in una fascia medio alta, in attesa dell’arrivo di un Agnelli, Gianni o Umberto che fosse. Che Andrea non sia un mago era noto e nessuno pretendeva da lui miracoli, ma che stia ancora lì a difendere un tecnico che a alti livelli ha mostrato da tempo i suoi limiti, nessuno se l’aspettava. Per questo adesso e da subito bisogna partire per una nuova rifondazione senza grandi rivoluzioni ma scegliendo il meglio di cui si dispone per integrarlo con gente che non abbia il target della mezza figura o della mediocrità appiccicata addosso. Soprattutto non cercare uomini che si adattino al modulo del tecnico sia esso Del Neri o altri, ma gente dal valore universale che non abbia necessità di dimostrare il proprio valore.

Federico De Carolis
(in esclusiva per Indiscreto)

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