Basket

In ginocchio da loro

Oscar Eleni 16/02/2015

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Oscar Eleni chiede scusa per il rinvio a domani delle pagellone sul basket. Bisogna pur riprendersi da una notte come quella della partita “stellare” a cancelli aperti di New York. Certo non abbiamo fatto l’alba con Costacurta che sognava un MVP diverso dal Westbrook di Oklahoma City, con i  “ragazzi” del coro SKY. Avevamo altri pensieri in testa, partendo dal concetto di sfortuna. Dal piagnisteo di Inzaghi, ma spesso anche del mondo Olimpia, sul concetto di malasorte. Nel sacco di Mosca ci è toccato anche sentire che l’Italia è davvero senza santi (nel paradiso degli eunuchi?) perché non ci va bene un sorteggio. La Nazionale ha avuto la fascia che si è meritata, poi è scritto che se hai dentro vera forza allora non temi gli ostacoli. Ora diteci voi se il girone dell’Emporio in Eurolega può essere considerato più duro di quello dove ci sono Barcellona, Real Madrid, Panathinaikos e Maccabi? Punti di svista che si notano bene nelle telecronache all’olio d’oliva.

Abbiamo rimandato le “pagelle” anche perché la “sfortuna” di questa Lega e dei suoi programmini da monte Amiata è che l’ultima diretta, prima della coppa Italia, ha messo davanti Milano ed Avellino che quattro giorni dopo si ritroveranno per i quarti del trofeo nazionale meno sentito, da chi lo perde, più desiderato da chi non lo “chiappa” mai come direbbe il Gogolak di Protezione Testimoni. Share al massimo livello. Come sempre, del resto ci dicono in Lega mentre ballano dopo aver ascoltato il Marzorati pensiero sul canale dedicato che vive nei sogni.

Lasciamo perdere il basket, anche se dall’America è arrivato il segnale che la carissima spedizione azzurra a New York si aspettava: i quattro italiani della NBA hanno detto sì agli Europei. Tutti felici, soprattutto i loro sponsor personali che altrimenti avrebbero avuto un’estate da rilanci in rete con effetto boomerang come capita, da un po’, quando senti che per giocare nella nazionale italiana di rugby devi essere “molto forte”. Le altre partecipanti al Sei Nazioni, sdraiate sugli stessi materassi, guidando gli stessi camioncini, si chiedono dove siano questi “giocatori forti”. Certo, se incontri i migliori le prendi, ma forse bisognerebbe anche ammettere che non facciamo troppo, nella palla ovale e non soltanto in quella, se la squadra dei rincalzi azzurri perde 61-0 con i pari ruolo inglesi, se i tanti soldi che ricevono dalla televisione alla feder-rugby finiscono in medicazioni per i tecnici venuti alle mani a Parma e preposti a guidare una delle due franchigie strutturate per dare alla Nazionale di Brunel giocatori che sappiano di cosa si parla quando vengono convocati al piano di sopra.

Lo stesso discorso che sembrano dover fare quelli dello sci dopo essere finiti fra le rocce del Colorado. Ci eravamo stati anche noi, per il Corsport, al mondiale di Vail, un altro bagno su neve aggressiva e una Deborah Compagnoni a fine corsa. Erano i giorni in cui Del Piero aveva scelto il chirurgo che poi ha operato Gallinari lasciandolo comunque infelice e pronto per una operazione che è venuta dopo. Altrove. Insomma, come è capitato alla calcistica prandelliana in Brasile. Dopo il tonfo viene fuori che i nostri atleti sono un po’ viziati, circondati da troppi parenti ed agenti, mai sottomessi alla disciplina che vorrebbero imporre i tecnici. Ci viene in mente il primo Ettore Messina con la nazionale di basket che gli affidò Petrucci, garante l’avvocato Porelli. Disastro tedesco. Ci capita. Ettorre si rifece con gli interessi e ancora oggi Petrucci non saprebbe scegliere a chi dare il suo cuore fra il nostro Tancredi finito a San Antonio e il Boscia Tanjevic tenuto fermo dall’ignoranza di chi spreca le menti migliori.

Lui, Ettorre, spiegò bene: con i giocatori della Nazionale non hai potere, se li punisci si scatena il coro delle suorine del sistema, le stesse che non hanno mai chiesto scusa ai poveri medici di Azzurra Tenera messi sulla griglia dall’ammutinamento di Hackett, il figliol prodigo che ha giurato di essere pronto al rientro nella stessa famiglia che gli ha scritto “cosacce”. Certo a Daniel non chiesero se era disponibile. Glielo imposero. Ma, in un mondo di figli e figliastri, dove si considerano poveri e sfortunati persino quelli di Milano, cosa diranno i disoccupati di Veroli, di Forlì, quelli al minimo sindacale di almeno sette squadre delle sedici che abbiamo in serie A, perché stupirsi? Adesso ci aspettiamo una visita pastorale del presidente e dell allenatore di Azzurra in tutte le città dove ci sono azzurrabili. Sono sicuri che parenti, agenti ed amici siano disposti a dare i loro “ragazzi” per fare da spalla ai fenomeni della NBA?

Prendete questa lettera brevi manu domandandovi come potrebbe andare bene, ad alto livello, salvo stelloni, nascite miracolose, geniali allenatori che vanno contro tutto e tutti, lo sport italiano tenuto fuori dalla scuola, affidato, molto spesso, nelle grandi città, ad assessori che hanno preso la lode, ma in materie dove alla parola sport si glissa o si vomita.

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