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La più amata, con rabbia alla scoperta del padre

Indiscreto 22/08/2017

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Uno dei libri più letti dell’ultimo anno e dell’ultima estate fra fra spiagge, treni e metropolitane è stato senza dubbio La più amata, il romanzo di Teresa Ciabatti edito da Mondadori e arrivato secondo al premio Strega dietro a Cognetti. L’abbiamo visto in mano soprattutto a donne, del resto l’uomo raramente legge libri in pubblico, per motivi mai davvero chiariti. Non sarà certo perché diminuisce la virilità, in un mondo di maschi (…) che si depilano le sopracciglia o si sottopongono a manicure. Abbiamo quindi letto il libro della scrittrice e sceneggiatrice (Tre metri sopra il cielo, L’Estate del mio primo bacio fra l’altro tratto da un suo libro) toscana con grande interesse, presi fin dalle prime pagine grazie anche a uno schema (l’autobiografia verosimile, non necessariamente vera) classico e quindi valido. Ma a prendere, dall’inizio alla fine, sono anche il dolore e la rabbia adolescenziali che la Ciabatti riesce a trasmettere a distanza di decenni.

Infanzia dorata a Orbetello, padre luminare della chirurgia e madre medico idealista convertitasi a castellana depressa, un’infanzia piena di quei privilegi che nessuna ricchezza potrebbe dare in città. Il genitore, Lorenzo Ciabatti, non soltanto è visto come una divinità in un ambiente dove la sua famiglia già è straconosciuta, ma è tante altre cose, sconosciute alla piccola Teresa e a suo fratello. Pienamente coinvolto nella massoneria, che ha nella Toscana la sua terra promessa, e conoscente di Gelli, Ciabatti padre non fa mancare niente di materiale alla moglie e ai figli, ma è di fatto un estraneo anche quando con loro passa del tempo fra un impegno e l’altro. La vita di famiglia è un elenco infinito di conoscenze vip del ‘Professore’, da Agnelli a Veronesi, ma l’adolescenza di Teresa è fatta come tutte le adolescenze di scoperte dolorose, tipo l’esistenza delle classi sociali (anche se è più doloroso per chi viene da quelle inferiori, pare non rendersene conto nemmeno da adulta) e l’essere incompiuti, inadeguati, dipendenti da qualcosa o qualcuno.

Il suo scudo è il rapporto con il padre, da piccola principessa adorata dal sovrano del grossetano e omaggiata dai suoi servi, un padre che però in realtà ha una, due tre vite diverse da quella di dominio pubblico. La situazione precipita quando la madre non riesce più a sopportare le crudeltà, vere o presunte (è pur sempre un romanzo, sia pure autobiografico), del marito ma su tutto c’è la voglia di Teresa, diventata adulta, di scoprire chi fossero veramente i genitori. Anzi, il genitore. Ecco, la Ciabatti prova a canalizzare la sua rabbia nella ricerca della verità su una persona che in teoria avrebbe dovuto conoscere perfettamente. Lo fa bene, pur sconfinando in quel pessimismo, vittimismo e narcisismo femminili che fanno la fortuna di tanti psicoanalisti ma soprattutto di alcune case farmaceutiche.

È un libro personale, ma anche molto politico: il padre pur non esponendosi ha ideologia e frequentazioni di destra, uno zio è addirittura coinvolto nel golpe Borghese, mentre la madre Francesca è il medico (anestesista) idealista sconfitto dalla vita (quello che al cinema di solito fa Lo Cascio) e da una sua infatuazione borghese che ha pagato in termini di benessere (fino a quando la fortuna è durata) ma l’ha resa una sconfitta, secondo noi la vera figura tragica del libro. Come persona di sinistra più credibile Francesca della figlia, schiava della contrapposizione a un padre amato e odiato. In definitiva un libro che nell’ossessione di classificare tutto può essere definito di autofiction, con ingredienti furbi (il popolo ama leggere le vicende dei ricchi, non certo dei poveri) e una scrittura di gusto medio, quale è il nostro di lettori e soprattutto lettrici che hanno senza vergogna abbandonato Proust dopo 10 pagine. Senz’altro un libro dal successo meritato, che non ci ha convinto soltanto nel tono: lagnoso, colpevolizzante, martellante. Nell’epoca precedente al politicamente corretto lo avremmo definito femminile, ma oggi purtroppo anche molti uomini sono così.

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