Calcio

La partita, ripasso su Italia-Brasile 1982

Indiscreto 16/08/2019

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Scrivere qualcosa di originale su Italia-Brasile 1982 era un’impresa impossibile dopo decine di libri, centinaia di amarcord televisivi e migliaia di articoli su quel Mondiale che in Italia è forse l’unico caso di memoria davvero condivisa. La partita – Il romanzo di Italia-Brasile (Mondadori) era quindi un’opera che partiva ad handicap, ma Piero Trellini è riuscito a confezionarla con mestiere a beneficio di un pubblico ben preciso: noi.

Noi di mezza età che riteniamo Italia-Brasile 1982 il confine fra un prima e un dopo. Non solo nelle nostre mediocri vite o nella storia italiana, ma anche nel calcio: quel pomeriggio al Sarrià morì l’idea di calcio-arte, che era appunto un’idea e non qualcosa che avesse mai fatto scuola, nemmeno in Brasile. Le edizioni della Selecão campioni nel 1958, 1962 e 1970 erano sì piene di campioni ma anche con un’organizzazione attenta a ogni dettaglio, fra l’altro fortemente voluta da Havelange.

Il pregio e al tempo stesso il difetto delle 600 pagine di questo libro è il voler collegare praticamente ogni evento della storia del calcio e dei singoli personaggi, come a voler dimostrare l’ineluttabilità di quel 3-2. Uno storytelling ben scritto, senza enfasi alla Buffa ma alla lunga un po’ noioso. Mille sottostorie umane e soprattutto di politica sportiva, molte già lette nei libri di Andrew Jennings sulla FIFA (tipo quelle su Horst Dassler), che per la maggior parte dei medi lettori di sport sono un ripasso.

Ci sono piaciuti i capitoli sui brasiliani meno celebrati, da Oscar a Luizinho a Paulo Isidoro, così come la narrazione della nascita del quadrato magico di centrocampo di Telé Santana, quasi del tutto casuale. Visto che contro l’Unione Sovietica non c’era Toninho Cerezo, squalificato, di fatto quel Brasile che è rimasto nel cuore di tutto il mondo si riduce a quattro partite: quelle vinte con Scozia, Nuova Zelanda e Argentina, più quella persa con gli azzurri di Bearzot.

Abbiamo invece trovato in generale piatte le parti sull’Italia, prive di senso critico anche a 37 anni distanza: cinque righe sul caso Italia-Camerun, zero sulla modalità con cui sarebbero stati erogati i premi agli azzurri o sul modo in cui Artemio Franchi controllava gli arbitri. E avere convocato Selvaggi invece di Pruzzo rimane un errore anche con il senno di poi.

Di Bearzot uomo di altri tempi, dell’importanza del gruppo, dei giornalisti cattivi (centrate però le considerazioni su Brera) si era già scritto a sufficienza. Le migliori opere italiane su quel Mondiale rimangono in chiave giornalistica Dov’è la vittoria? di Vittorio Sermonti e in chiave celebrativa Il romanzo del Vecio di Gigi Garanzini, ma abbiamo molto amato il meno conosciuto Olé, di Marco Bernardini.

Conclusione? La partita è un bel libro, un grosso lavoro (pochi i refusi), assolutamente consigliabile a chi di Italia-Brasile 1982 ha letto poco. Ma senza quella prospettiva che fa scattare la magia, anche se forse niente è paragonabile all’essere stati vivi quel 5 luglio 1982. Difficile scrivere un romanzo su un romanzo.

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