Calcio

La difficoltà di chiedere scusa

Stefano Olivari 18/05/2010

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di Stefano Olivari
Nella vita reala conosciamo poche persone capaci di chiedere davvero scusa, così come nel calcio che della vita è solo una caricatura addormenta-coscienze. Cosa può impedire a un club che ha vinto gli ultimi cinque scudetti, e che senza grossi errori di mercato ne potrebbe vincere almeno quattro dei prossimi cinque, di mettere sul suo sito due banali righe di comunicato?
Stiamo parlando, lo diciamo per quello 0,01% di italiani che non l’avesse capito, dello striscione apparso sul pullmann dei festeggiamenti interisti e che ieri ha dato un senso non solo alla vita di noi professionisti del bar ma anche a quella di politici locali mai sentiti prima. Già scaldati dal ministro della Difesa La Russa, che in una giornata come quella di ieri (due morti e due feriti in Afghanistan, fermando la contabilità ai passaporti italiani) ha trovato il tempo per una precisazione interista sulla carica agonistica del Siena, con provinciale risposta del sindaco di Roma (e odiatore neppure tanto segreto del calcio) Alemanno. Una dinamica chiara, senza complotti e servizi deviati. Ad un certo punto del tragitto da San Siro a Piazza Duomo un anonimo demente ha passato ad uno degli occupanti del pullmann (giocatori, parenti, amici degli amici: le facce conosciute non erano più di una decina su cinquanta) il volgare striscione anti-Totti, e un demente al momento altrettanto anonimo l’ha appeso alla fiancata. La colpa di chi era sul pullmann è stata quella di non stracciarlo subito dopo averlo letto, perchè qualcuno l’ha letto senz’altro, la colpa dell’Inter non avere chiesto scusa. Avrebbe dovuto essere più facile, fra l’altro, in una situazione senza premeditazione e senza giocatori che agitavano (tipo Ambrosini) questa bella frase. Il pagamento della multina fuori tempo massimo (quella per il Milan fu di 8mila euro, mentre il valore dei pollici di Totti è 20mila) è stato evidentemente ritenuto il prezzo giusto per la pessima figura. Dicono che questo sia il bello del calcio: infierire sui vinti e prenderli per il culo, come aveva capito in tempi antichi Brenno (grazie ai Romani, fra l’altro) e in tempi più recenti proprio Moratti. Anche l’etica è questione di prospettiva.

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