Calcio

La brutta finale di Garrincha

Stefano Olivari 18/01/2009

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Garrincha non avrebbe dovuto giocare la finale del 1962 perché a 6 minuti dalla fine della semifinale contro il Cile, sul risultato già fissato sul 4 a 2 (due gol suoi e due di Vavà), era stato espulso dall’arbitro peruviano Yamasaki per avere preso a calci il persecutore Rojas. Tanto per gradire, mentre stava tornando negli spogliatoi dello stadio Nacional di Santiago, fu colpito da una sassata. Subito iniziò il pressing della federazione brasiliana sul presidente della Fifa Stanley Rous, con argomenti più politici (la Cecoslovacchia era un paese comunista, la guerra fredda era ai suoi massimi) che sportivi, così per la prima ed unica volta nella storia del Mondiale ad un calciatore espulso fu concesso di giocare la partita successiva. Con motivazioni risibili, che tiravano in ballo le provocazioni ricevute da cileni: come se quello su Rojas fosse stato l’unico fallo di reazione della storia. Va detto poi che Garrincha giocò la finale non alla sua altezza: aveva febbre e mal di testa, oltre che dolori per le botte cilene, in più il capitano cecoslovacco Novak lo controllò benissimo e dai suoi piedi arrivò per la testa di Vavà un solo cross in 90 minuti. Tutto mentre da da spettatore Pelé stava schiumando rabbia: si riteneva perfettamente guarito dopo l’infortunio proprio contro la Cecoslovacchia nel girone, ma Moreira ed Amaral non gli consentirono di fare nemmeno un provino.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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