Attualità

Kalergi e l’Europa dei pecoroni

Stefano Olivari 30/12/2016

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Prendendo in mano l’ultimo numero di La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere della Sera, ci è venuto un colpo: due pagine su Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi. Ma allora è esistito davvero, non sono fissazioni da blog. Kalergi il grande assente da tutti libri di storia scolastici, nonostante sia stato fra i padri dell’Europa unita almeno al pari di Adenauer, De Gasperi e Schuman. Kalergi il grande presente in molti blog complottistici, di destra ma non solo, come ideatore di un ‘piano’ (il piano Kalergi, appunto) che fra i vari scopi avrebbe quello di mettere sotto il controllo delle elìte finanziarie (ebraiche, ovviamente) mondiali popoli derubati della propria identità attraverso diversi strumenti (la precarietà del lavoro, la fine della famiglia, l’immigrazione incontrollata, per citare i tre principali). Dove sta la verità su questo diplomatico austriaco, ben noto ai lettori di Indiscreto ma non al grande pubblico, nonostante sia stato un personaggio fondamentale?

L’autore dell’articolo, Manlio Graziano, basa come del resto noi il suo profilo di Kalergi principalmente sulla lettura di Paneuropa, che è l’unica opera kalergiana tradotta in italiano: il cuore del libro è il futuro del mondo diviso in cinque blocchi di influenza, più o meno coerenti politicamente al loro interno. Panamerica, Asia Orientale, Russia, Commonwealth e, appunto Paneuropa: stiamo parlando di un libro del 1923, va ricordato. In sostanza l’Europa delineata è senza Russia e Gran Bretagna, ma con buona parte dell’Africa colonizzata (soprattutto dalla Francia). Per quanto riguarda l’Europa Kalergi teorizza anche la cessione di sovranità dei singoli stati, a beneficio di una federazione di stati che mantengano una identità amministrativa ma non politica ed economica. Insomma, il punto d’arrivo (speriamo il più tardi possibile) dell’Unione Europea attuale, secondo il pensiero unico delle nazioni trainanti e un po’ meno di quelle dell’Est.

Il profilo di Kalergi però non è completo con il solo Paneuropa, visto che nemmeno viene citato Praktischer Idealismus, l’altra sua opera fondamentale (quasi introvabile in tedesco, noi qualche mese fa ce ne siamo fatti tradurre alcuni passaggi per un un libro che non scriveremo mai, poi ne abbiamo letto vasti estratti in inglese su siti che dell’antisemitismo fanno una religione e quindi nemmeno citiamo) in cui sarebbero contenute considerazioni parzialmente sovrapponibili a quelle di Paneuropa ma con indicazioni operative molto più forti. In pratica, dice Kalergi, gli strumenti per arrivare all’unione europea sono quelli della perdita di identità culturale, politica, economica, culturale, religiosa, razziale delle singole nazioni. Nostra considerazione, che però non mettiamo in bocca al conte: masse impoverite e impaurite, senza nemmeno più valori forti e semplici ai quali aggrapparsi, sono più facilmente governabili dalle élite, qualsiasi cosa significhi élite. Per l’estrema destra è il banchiere ebreo, per l’estrema sinistra il grande industriale anche brianzolo. Significativo che il cosmopolita Kalergi sia stato finanziato sia da banchieri sia da industriali.

La chiave per capire la pericolosità della sua Europa elitaria è che Kalergi si professava senza problemi portatore di un pensiero aristocratico, essendo del resto davvero aristocratico e del tutto indifferente alla democrazia, se non a livello formale. Fu proprio per questo che affascinò i ceti più alti di Francia e Inghilterra, mentre ebbe meno fortuna con Hitler e Mussolini che peraltro della democrazia e della classe media avevano la sua stessa opinione. Quanti articoli abbiamo letto sulla gente che in più occasioni avrebbe votato ‘male’, ‘di pancia’ o condizionata dagli inevitabili ‘populismi’? Troppi, e non è ancora finita (al prossimo giro l’Olanda). Conclusione? Letture interessanti, adeguate al contesto dell’epoca (Kalergi era un pacifista convinto, non a torto, che un’Europa Unita avrebbe scongiurato la Seconda Guerra Mondiale e in ogni caso le conseguenze nefaste del trattato di Versailles), ma anche spendibili in un presente che ai problemi degli anni Venti affianca altre minacce. Non certo un piano segreto, comunque, ma idee progressiste espresse con un linguaggio e presupposti da Mein Kampf.

Un fatto innegabile è che delle opere di Kalergi si ostacoli in ogni modo la traduzione (magari la farà Indiscreto, anche se quello che verrà fuori deluderà il pubblico degli estremisti e quindi sarebbe un bagno di sangue finanziario) e la commercializzazione, nel modo soft che tutti i giornalisti conoscono anche per questioni molto meno serie. Il problema principale del 2016, così come del 1923, non sono gli interessi delle élite, evidenti, ma la propensione delle masse a farsi guidare e a cedere sovranità in cambio di ottusa sicurezza, tranquillità, assenza di pensiero politico e in generale di comodità. “Papà, non ho un lavoro, non credo in niente e non so cosa fare della mia vita”. “Figlio mio, sei fortunato: puoi guardare la Serie A a Santo Stefano, presto anche a Natale”. Il piano Kalergi alla fine è questo. Non ci sono grandi vecchi o complotti, ma classi sociali e intellettuali ‘illuminate’ che hanno convenienza nel limitare la democrazia.

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