Attualità

Jan-Michael Vincent e gli uomini di quel mercoledì da leoni

Stefano Olivari 09/03/2019

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Era morto da un mese per infarto, ma solo da poco si è appreso della scomparsa di Jan-Michael Vincent, il protagonista di culto di uno dei film più di culto della storia, ‘Un mercoledì da leoni’. Una delle opere che a John Milius valsero la qualifica di fascista non perché trattasse temi politici, anche se sullo sfondo c’era la guerra in Vietnam, ma perchè proponeva uomini maschili. Non caricaturali come sono i supereroi, ma anzi piuttosto tendenti all’anti-eroe, anarchici, solitari, insoddisfatti, amareggiati, disillusi: tutto ciò che un uomo dovrebbe essere per differenziarsi da un consumatore o dal sottoscrittore di un mutuo. Va anche detto che in ‘americanese’ il termine fascista viene a volte usato come sinonimo di anarchico di destra, ciò che era Milius, oggi forse anche più di ieri. Anche se la qualifica esatta sarebbe genio, come provano i tanti film diretti o scritti (fra questi Apocalypse Now). Insomma, non proprio l’immaginario dei film di Veltroni.

Nel capolavoro di Milius il personaggio interpretato da Vincent è quello di Matt Johnson, uno dei tre amici (gli altri sono Leroy e Jack) californiani che vivono negli anni Sessanta la loro giovinezza fra feste e surf. Nel suo sport Matt può essere considerato un campione, ma in un’era appena prima del professionismo: passaggio ben rappresentato dall’amico-guru Bear, che prima costruisce tavole artigianali e poi diventa un industriale del settore, ma che intuisce le inquietudini dei ragazzi. Matt e Leroy riescono a imboscarsi e a non partire per il Vietnam, Jack accetta il destino e parte. La loro vita è scandita dalle grandi mareggiate che colpiscono la California, ma soprattutto dalla non accettazione della vita stessa.

Quello che più si lascia vivere è Matt, senza scivolare verso il basso ma anche senza uno scopo. La vita li divide, come accade anche per i migliori amici, il surf li fa riunire quando viene annunciata una mareggiata di proporzioni enormi, nel 1974. La scena in cui i tre ormai ex ragazzi si presentano sulla spiaggia per surfare, riuniti da una sorta di telepatia, è fra le più commoventi di sempre. C’è tutto: la celebrazione dell’amicizia, l’accettazione e al tempo stesso la non accettazione del tempo che passa, il senso del limite, la nostalgia di cui ti accorgi già quando le cose stanno accadendo. E in Matt che alla fine regala la tavola al ragazzo c’è il mondo. Per questo Jan-Michael Vincent, da giovane vagamente somigliante a Gianni Bugno, si era già da più di quarant’anni guadagnato l’immortalità.

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