Basket

Il vino che abbiamo

Oscar Eleni 15/10/2010

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di Oscar Eleni
La Spagna da copiare, la grande scuola italiana, pronostici per la serie A. Cosa ci aspettiamo da Siena, Milano, Treviso, Cantù, Caserta, Brindisi, Bologna, Montegranaro, Avellino, Pesaro, Biella, Varese, Teramo, Cremona e Sassari.

Oscar Eleni da Tomellosso, Spagna, Villa Real, perché contrariamente a quello che pensa Simone Pianigiani preferiamo il sistema spagnolo al nostro, ma su questo torneremo camminando insieme a Francisco Garcia Pavon e al suo commissario Plinio che ha tanto da dire sulla visione e le lapidi degli anziani. Comincia l’ottantanovesimo campionato di basket. Comincia tardi e ce ne pentiremo a giugno. Comincia scuotendo campanellini di madreperla, sprecando tempo e denaro per raduni senza una vera anima, senza la scintilla della novità ed è per questo che non ci siamo sentiti in colpa quando Dino Meneghin ci ha chiesto perché non avevamo avuto neppure una riga per la presentazione allArena del Sole. Cercare formule nuove, sedersi a tavola, magari, per bere vino nuovo, vino giovane, ma anche per cercare di copiare quello che gli altri fanno meglio di noi. La Spagna lo fa e non è vero che hanno soltanto due squadre importanti perché il titolo è andato a Vitoria, perché i loro palazzi sono moderni e sempre pieni, mentre i nostri fanno quasi tutti pena e nelle grandi città ci sono vuoti che fanno male al bilancio e pure all’anima dei mortacci nostri.

Certo si poteva cavalcare la polemica innescata dall’allenatore numero uno quando ha cercato di far capire che i successi di Siena nascono dal lavoro e dalle idee, ma non volevamo dare la tromba in mano ai colleghi del nuovo prence che facevano gli offesi davanti ai loro presidenti cercando di spiegare che pure loro passano tante ore in palestra. Per la verità c’è il dubbio che molti si sentano con la coscienza a posto perché stanno tanto tempo al video per studiare i punti deboli dei nemici ma nella sostanza, e lo diciamo a tutti, dal primo all’ultimo, sono i fatti quelli che chiariscono tutto: cercate di giocare meglio e fate crescere davvero i giovani talenti che avete per le mani. Il sistema non permette di sperimentare perchè se sbagli trovi la valigia pronta sulla porta? Una verità, ma esiste anche la voglia di tuffarsi dalle rocce più alte e questo dovrebbe ispirare la carriera di tanti buoni allenatori che sembrano però prigionieri nella biblioteca tipo quella del Nome della Rosa dove nessuno osava andare a cercare quello che avrebbe potuto rivoluzionare il sistema. Bella la scuola tecnica italiana. Ma accidenti, cosa dire allora di quelle proposte da Spagna, Croazia, Serbia, Lituania, Francia, Grecia, Turchia, Germania tanto per restare su quelle europee che al Mondiale si sono battute più o meno bene, ma loro c’erano, e nei campionati giovanili arrivano sempre davanti all’Italia?

Presentazione con l’obbligo di fare anche pronostici. Una fase delicata, necessaria, la famosa zona d’ombra del ”qui lo dico e qui lo nego” perché come suggeriva Ferdinando Minucci, vero numero uno del sistema, bisogna aspettare almeno tre mesi di campionato per capire chi ha pescato bene, chi ha lavorato meglio, chi ci farà alzare in piedi come è accaduto l’anno scorso guardando Cantù, Caserta e Montegranaro. Comunque sia andiamo con la griglia di partenza.

Prima fila
Siena perché ha cambiato uomini, ma sotto lo scudetto porta sempre lo stesso cilicio e per batterla si dovrà andare a cento all’ora senza perdere troppi palloni.
Milano perché, come dice il presidente Proli, i dolori e le finali hanno fatto capire gli errori commessi, perché il gruppo è più sano, più forte fisicamente, perché lo scudetto è l’obiettivo, ma non sarà inseguito facendosi prendere dall’isterismo. Ora bisogna vedere se tutti quelli coinvolti nel progetto avranno nervi saldi e testa lucida.
Roma perché arriverà più tardi, visti gli infortuni del precampionato, ma se hai nove giocatori sopra i due metri e Tanjevic nel pensatoio allora puoi aspettare e crescere bene.  
Treviso perché Repesa è un maestro, perché in casa Benetton si sono rimessi tutti a tagliare gli alberi del Montello per una nave da dogi.

Seconda fila
 
Cantù se non si fa prendere dall’angoscia di essere tornata società faro, se non si aspetterà di soprendere tutti come l’anno scorso perché ora sono gli altri ad avere il forcone in mano.  
Caserta che ha cambiato solo pochissimo, di nuovi ci sono al momento solo Colussi e Garri (oltre al direttore sportivo Antonello Riva), e può davvero ripetere il capolavoro dell’ultima stagione senza far gridare al miracolo. Basta che Sacripanti abbia sempre il polso della situazione e che Jumaine Jones sia sempre lui.
Brindisi dove c’è tutto per fare bene, peccato che manchi un palazzo adatto. Ma gli uomini che la guidano sono tutti di prima qualità anche se la panchina sembra un po’ corta.
Virtus Bologna nella speranza che nessuno parli al mannovratore Lardo prima che possa mettere insieme un gruppo con dentro tante buone qualità, forse non il massimo del talento, ma è presto per dirlo.
Montegranaro che in mano a Pillastrini può fare altri passi avanti perché ha una rosa molto competitiva e l’ambiente inventa eroi anche se appaiono un po’ logori.
Avellino perché ha ricreato la famiglia dopo essersi liberata dell’egoismo, perché ha dentro il fuoco di casa Ercolino.

Terza fila  
Pesaro, un altro posto dove prima è stata ricostruita la casa e poi la squadra. Potrebbe fare la mina vagante se al palazzo andranno amici, tifosi e non supercritici insoddisfatti e con la testa voltata sempre indietro.  
Biella perché hanno idee, hanno giovani talenti, hanno quell’entusiasmo che serve per non dimenticare i pasticci dell’ultima stagione dopo le meraviglie di due anni fa.

Quarta fila  
Varese se i nuovi capiranno l’affetto di Masnago, se non ci sarà la voglia del tutto e subito, se, come dice Recalcati, la gente aspetterà a fare i conti alla fine e non dopo le prime partite.
Teramo perché ha un grande allenatore, perché non ha mai avuto paura di mangiare pane e cicoria. Cremona affidata ad un giovane tecnico sloveno che sa scavare nella miniera. L’importante è che la società non si faccia prendere dal panico.  
Sassari una neo promossa che cerca amore, ma anche qualche bella sorpresa.

Bravo merlo, ma la griglia cosa vuol dire? Niente, cari amici, era soltanto una scusa per dire quello che ci passa per la testa oggi, molto prima che gli arbitri alzino la palla al centro del campo.
Oscar Eleni

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