Calcio

Il tesoro di Tesourinha

Stefano Olivari 14/01/2009

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La semplice citazione di Tesourinha, nel nostro coccodrillo su Friaca, ha scatenato reazioni che ci hanno fatto molto piacere. Molti avevano sentito parlare di questo fenomeno del Brasile anni Quaranta, in moltissimi vorrebbero saperne di più. Classe 1921, l’attaccante di Porto Alegre è stato probabilmente il più forte della generazione perduta di campioni brasiliani nel periodo della Seconda Guerra Mondiale ed immediato dopoguerra: stelle assolute in patria, un po’ meno nel continente (una sola Coppa America, nel 1949) , con un Mondiale arrivato troppo tardi ed in ogni caso ad un soffio dall’essere vinto. Punta completa ma straordinaria soprattutto come ponta-de-lanca (attaccante esterno, nello slang calcistico brasiliano: Mourinho o i brasiliani di mondo come Scolari direbbero invece extremo) a destra, Osmar Fortes Barcellos visse i suoi anni d’oro nell’Internacional vincendo tutto il vincibile nel mondo Gaucho e divenne subito uno dei punti fermi della Selecao nella gestione di Flavio Costa: in Coppa America anni di dominio argentino, fino al 1949, quando l’Argentina non partecipò all’edizione ospitata dal Brasile come prova generale del Mondiale. Vinse ovviamente la Selecao, con Jair (Jair da Rosa Pinto) miglior marcatore e Tesourinha miglior giocatore. L’attacco Tesourinha-ZizinhoAdemir-Jair-Simao diede spettacolo, soffrendo solo contro il Cile e battendo il Paraguay per 7 a 0 in finale: tre gol di Ademir e numeri di Tesourinha, che di lì a poco sarebbe passato nel Vasco allenato proprio da Flavio Costa. Alla vigilia della Coppa del 1950 la lesione al menisco che gli rubò il sogno. Su di lui mille aneddoti, i soliti impossibili da verificare sull’infanzia poverissima. Fra quelli certificati il più amaro è che fu il primo calciatore con la pelle nera a vestire la maglia del Gremio, nel 1952. Il più commovente è che quando si giocò l’ultima partita di calcio nell’Estadios dos Eucaliptos di Porto Alegre, nel 1969, a 48 anni Tesourinha scese in campo nel secondo tempo con la maglia dell’Internacional e poi a fine partita si portò via piangendo un pezzo di rete dello stadio in cui era stato grande. Morì dieci anni dopo e al suo funerale parteciparono gli altri due componenti del terzetto delle meraviglie di quel grande Internacional: Carlitos e l’unico dei tre che andò al Mondiale (senza peraltro toccare il campo), Adaozinho.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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