Calcio

Il ritiro di Montolivo

Indiscreto 13/11/2019

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Riccardo Montolivo lascia il calcio a 34 anni, lo ha annunciato in una doppia intervista pubblicata sul Corriere dello Sport (Ivan Zazzaroni) e e sul Corriere della Sera (Giampiero Timossi) in cui ha raccontato con rabbia il modo in cui si è chiusa la sua epoca nel Milan e anche la sua carriera. Parole interessanti, anche perché arrivano da un centrocampista che è stato capitano della Fiorentina, del Milan e anche della Nazionale.

A una prima lettura pare che Montolivo ce l’abbia in particolare con Gattuso, non tanto perché a suo tempo lo avesse escluso in favore di Biglia (ci poteva stare, perché Mirabelli e Fassone dovevano difendere le loro scelte di mercato, anche le più strampalate), ma perché lo ha ignorato anche come semplice panchinaro. Fino al punto, davvero di non ritorno, di preferirgli addirittura Calabria come centrocampista basso.

La versione di Montolivo prosegue poi con il racconto di allenamenti solitari, di promesse vaghe (anche da parte del diplomatico Leonardo) e di un meccanismo di mercato che di fatto ha messo fine alla sua storia: vedendo che non giocava da un anno tanti club che lo avevano contattato si sono tirati indietro, convinti che ci fosse un qualche infortunio ben nascosto.

Ma come al solito invitiamo a leggere gli originali, andando sul nostro pensiero. Basato su quanto sappiamo da altri tesserati (o ex) del Milan ma anche sulla semplice osservazione. In sintesi: Montolivo è stato uno degli ultimi colpi del vecchio Milan di Galliani, non in ordine cronologico (firmò nel 2012, Berlusconi-Galliani se ne sono formalmente andati nel 2017) ma di sicuro come ingaggio. E come tale rappresentava il ‘vecchio’.

In questo senso non c’è soltanto il discorso Biglia, che peraltro ha solo un anno meno di lui, ma anche quello Bonucci: per dare un ulteriore segnale di svolta la fascia di capitano doveva andare a lui. Montolivo coglie anche il lato umoristico della storia (“Mi dissero che era una decisione di Yonghong Li“), ma continua a non capire. Dall’altro lato, Gattuso ritiene che non si alleni più con il dovuto spirito e lo esclude, generando il solito meccanismo in cui la causa si confonde con l’effetto. Il risultato è che Montolivo è stato per motivi diversi ostracizzato sia dal Milan dei calabresi (sintetizziamo) sia da quello degli indossatori (sintetizziamo).

Conclusione? Fra le tante storie ai confini della realtà del Milan delle ultime tre stagioni questa di Montolivo è una delle più strane, visto che al suo posto non sono mai stati schierati fenomeni. Certo è che il ‘Di qua o di là’ della sua carriera non è stato l’arrivo di Gattuso al Milan, un Gattuso che non è uno stupido e in emergenza avrebbe di sicuro utilizzato Montolivo se non fossero arrivati ordini diversi, ma la frattura della tibia a pochi giorni dal Mondiale brasiliano a cui l’Italia di Prandelli si stava avvicinando con ottime prospettive.

Da ricordare che lui nella Nazionale ci ha giocato con cinque commissari tecnici (Donadoni, Lippi, Prandelli, Conte e Ventura) e che questo, azzardiamo, significa che per un decennio è stato uno dei più forti centrocampisti italiani. Poi chi ritiene i suoi allenamenti poco intensi forse non ha mai visto quelli di Kessie. Forse nel calcio non gli ha mai giovato la sua immagine borghese, derivante anche dalla famiglia (del resto uno non può inventarsi un’infanzia povera solo per dimostrare che ha fame), forse si confonde troppo spesso l’educazione con la mollezza.

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