Attualità

Il partito di Urbano Cairo

Stefano Olivari 15/10/2019

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È più ridicolo Urbano Cairo che si ritiene al centro di ogni evento sul suolo italiano o chi narra le sue gesta minuto per minuto, con il Torino trasformato in una sorta di Real Madrid che solo i poteri forti hanno buttato fuori dai preliminari di Europa League e relegato al nono posto nel campionato italiano? La risposta giusta è la prima, ma non va trascurata nemmeno la seconda.

Che non riguarda tanto i giornalisti del suo gruppo, perché raramente nella storia un giornalista ha criticato il suo editore (nel nostro piccolo qualche volta l’abbiamo fatto e ci hanno inevitabilmente cacciato), ma quelli di altre realtà che vedono in Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, La 7, eccetera, i pochi posti in cui sia ancora possibile percepire un compenso, sia pure sempre più basso. Insomma, la speranza è l’ultima a morire.

Ma al di là dell’orticello sportivo, con il triste entusiasmo per Lyanco e Rincon, la questione politica è interessante. Perché da mesi Cairo sta fremendo per scendere in campo, in una situazione per certi versi simile a quella del Berlusconi 1994: la presenza di una sinistra forte e ben dentro alle stanze del potere a prescindere dagli esiti elettorali (qualcuno ha già detto deep state?) che potrebbe dare un futuro a un centrodestra fra il liberale e il democristiano, come era la Forza Italia delle origini.

Uno spazio in cui si stanno buttando tanti personaggi in cerca d’autore, da Renzi a Calenda passando per i tanti tecnici senza voti e arrivando appunto a Cairo. Che in assenza di vere idee, se non quella dell’imprenditore di successo che ritiene possibile guidare uno stato come si guida un’azienda (ma senza idee ci vuole almeno il carisma), sta per il momento soltanto costruendo il culto della sua personalità. Anche attraverso sondaggi incredibili, come quello che ogni mese lo elegge numero uno nella classifica Top Manager Reputation.

La domanda vera è però una sola: il partito di Cairo potrebbe avere qualche elettore, almeno al livello di Italia Viva o di una Forza Italia agonizzante? Per il momento dalla sua parte c’è soltanto qualche centinaio di giornalisti disoccupati o sulla via di esserlo, mentre quelli già nel gruppo potrebbero trovarsi di fronte a cose più sgradevoli che paragonare Verdi a Valentino Mazzola.

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