Il magna in Italy

8 Giugno 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Solo i calciatori sono calati nel contesto sociale italiano, riproponendone pregi (pizza, mandolino, sole, madonne con bambino) e difetti. Quasi tutte le altre categorie di sportivi vivono di risultati, quando ci sono, e di confronti internazionali veri.
Nessuno, al di fuori degli appassionati di tennis, conosceva la Schiavone come eroina di Fed Cup, però tutti sono informati sulla squadra del paesello anche quando questa galleggia in serie D. Pensieri arrivati dopo l’imbarazzante Porta a Porta di ieri sera, a cui ci siamo accostati con l’animo nazionalpopolare che ci fa amare sinceramente il Festival di Sanremo e le discussioni sulle convocazioni di Lippi. Insomma, anche una Schiavone in chiave familiare e privata avrebbe portato acqua al mulino del tennis: magari qualche bambino obeso avrebbe abbandonato Wii e Kinder Pinguì, magari qualche dirigente televisivo avrebbe riconsiderato la questione del tennis in chiaro (proponibile solo con super-sintesi, tolti casi particolari come la finale del Roland Garros con la Stosur). Invece è stata la solita Italia del volemose bene e del ‘quanto siamo intelligenti’. Qualche svogliata domanda alla campionessa, condita da un inspiegabile pavoneggiamento del presidente del Coni Petrucci, è stata il preludio per un banale servizio d’archivio sulle ‘donne vincenti’ (Pellegrini e Vezzali: non che non siano vincenti, anzi, solo che non è il loro momento) e soprattutto per il vero tema della puntata. Ben sintetizzato da una grafica: ‘Il Made in Italy fa sognare’. Politici (Urso, Colaninno), stilisti, costruttori di barche, Giovanni Rana che parlava dei tortellini da vendere ai cinesi. Ovviamente grandi prospettive per tutti (solo il tipo della nautica ha detto che sì, insomma, non è che i cinesi abbiano tutta questa voglia di barche di lusso), con il mondo che non può fare a meno della creatività e del genio italiano: e pazienza se dalla sera alla mattina ci può tagliare gas ed elettricità, noi risponderemo con i nostri foulard e i nostri laureati in scienze della comunicazione. Meno male che c’è la Schiavone: perde e vince, senza bisogno di buona stampa.

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