Calcio
Il fascino discreto dell’impiegato
Libeccio 14/06/2010
di Libeccio
Il software di Benitez, la firma di Krasic, la speranza dell’Africa, la passione nelle bidonville e la coppa di Vieira.
1. Rafa Benitez pare un grigio impiegato del catasto e gli interisti passano nel giro di pochi giorni dall’allenatore più telegenico e “buca-schermo” del calcio mondiale ad uno che mediaticamente è quasi il suo opposto. Con buona pace delle tante soubrette (reali e metaforiche) innamorate di Special One. Anche in quanto a comunicazione Benitez è più vicino al prototipo del nostrano allenatore tutto ripartenze, occupazione degli spazi e “stiamo bene e abbiamo voglia di far bene”. Eppure quell’impiegato lì ha vinto molto con squadre medie (Valencia) e grandi (Liverpool) proprio come lo Special One e in più (come Mourinho) è arrivato al calcio non proprio da primattore (ha giocato nelle giovanili del Real Madrid, finendo presto la carriera a causa di un grave infortunio). Come Mourinho si è specializzato in educazione fisica e pare ossessionato dalla perfezione e dalla cura dei dettagli. Addirittura si dice che il suo migliore undici venga prodotto da un software che immagazzina i dati dei singoli calciatori e definisce le curve di rendimento di ognuno. Non è uno che infiamma i cuori e le folle. Che sia stato preso da Moratti anche per questo?
2. Per inciso: Benitez era stato inseguito dalla Juve per mesi e mesi con plurimi incontri di convincimento dei massimi dirigenti bianconeri, per poi finire all’Inter con la Juve che ha virato sul Delneri. Un po’ come con Krasic che viene inseguito, blandito, si arriva quasi all’annuncio ufficiale dell’ingaggio da parte di Tuttosport e della stampa in genere, poi tutto subisce una brusca frenata e si scopre che l’accordo dato per fatto non è per niente fatto. Accadde lo stesso con la vicenda Dzeko che un anno fa veniva dato sicuro al Milan (anche con ripetute ammissioni di Galliani), che poi ha virato su Huntelaar. Storia a parte quella di Allegri e del riottoso Cellino. Ma da quando basta un Cellino qualsiasi per far saltare i piani di mercato del Milan alla voce allenatore? Non siamo giornalisti né tantomento esperti di calciomercato, ma siamo sicuri che le vere logiche di questo mondo siano tenute ben nascoste dalla (connivente) stampa specializzata.
3. Questo è anche, come al solito, il mondiale delle multinazionali dello sport. Il calcio indiscutibilmente può far bene al Sudafrica e ai suoi tentativi di avviare la crescita. Può anche aiutare moltissimi ragazzi a sperare in qualcosa di migliore per il loro futuro. Certamente servirebbe anche altro, ma non è poco in un conglomerato geografico ed umano spesso crocevia del dolore estremo del mondo. E la speranza a volte è anche meglio di un piatto di minestra ogni giorno. Magari Adidas e Nike cominceranno anche a vendere in Africa, ma non mi sembra questo l’aspetto principale del problema. Insomma: la speranza di un futuro migliore per milioni di ragazzi è già di per sè qualcosa di concreto.
4. Nelle città sudafricane ci sono bidonville di dimensioni inimmaginabili, come le condizioni di vita dei loro abitanti: e stiamo parlando di una delle prime economie africane. Abbiamo visitato in lungo e in largo il Sudafrica dieci anni fa, sfiorando i ghetti di Cape Town, Durban, Johannesburg, Pretoria, e al di là delle considerazioni sociologiche eravamo rimasti impressionanti dalla quantità di campi di calcio presenti in un contesto in cui ogni centimetro quadrato veniva sfruttato a fini abitativi. C’era una passione vera, che nel corso degli anni ci dicono addirittura essere aumentata. Che l’Africa abbia ospitato qui il suo primo Mondiale ci sta tutto.
5. La consegna della Coppa del Mondo al Sudafrica paese ospitante da parte di Patrick Vieira è stata uno “schiaffo” che avrebbe suggerito ben altra reazione da parte della nostra dirigenza federale, compresa la minaccia del ritiro della squadra italiana in assenza di scuse ufficiali da parte della Fifa. Perché si è trattato dell’ennesimo sgarbo di Blatter ai nostri colori e alla nazionale che li rappresenta, quasi a voler intendere che sia stata la Francia la vincitrice morale della coppa nel 2006. Essendo in ogni caso improbabile un secondo titolo consecutivo, almeno un gesto di orgoglio avremmo potuto permettercelo.
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)