Calcio

Il bene del Paese

Libeccio 07/01/2011

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di Libeccio
Le belle maniere di Leonardo, i predestinati della panchina, la stella di Boniek, l’immunità mediatica di Delneri e Marotta, il prezzo della Roma e l’importanza del Milan.

1. Leonardo ha vinto nettamente la sua prima a San Siro ed è sembrato come se fossero tornato d’un colpo gioco e atmosfera alla Mourinho. Leonardo è arrivato all’Inter accolto con tutti gli onori e gratificato anche dalla presenza della proprietà al completo. Buone doti di linguaggio almeno rispetto alla media degli allenatori, ottima conoscenza di molte lingue utili, discreta ruffianeria nei confronti del grande totem interista per eccellenza (Mourinho, appunto) che secondo lui alla Pinetina “è ancora ovunque” come una sorta di spirito magico. Moratti poi si è molto speso in elogi preventivi (“Ho di lui una stima enorme, è di una intelligenza fuori del comune”) quasi a voler dire che uno dei migliori allenatori al mondo da lui stesso molto voluto e molto bene pagato (Benitez) non godeva della sua stima e aveva un’intelligenza normale. 

2. Alla fine dei giochi Leonardo dovrà garantire quella brillantezza che è mancata con Benitez e mantenere l’Inter nella dimensione di leadership che ha ricoperto fino ad ora. Leonardo, oltre al suo passato milanista sicuramente glorioso come giocatore, esibisce tuttavia come allenatore un curriculum che al momento a fatica riempirebbe mezza pagina. Una stagione nel Milan senza mai dare l’impressione di essere un “predestinato” della panchina (alla Guardiola, per capirci) e anzi con qualche affanno eccessivo (ricordate il suo primo derby?) passato abbastanza sotto silenzio grazie alla buona stampa di cui gode sempre il Milan. A sua discolpa il ‘piccolo’ dettaglio di non avere Ibrahimovic…Ora arriva trionfalmente sull’altra sponda di Milano, ma crediamo che non sarà una passeggiata nonostante nessuno gli chieda lo scudetto per ovvie ragioni di classifica. Le grandi opportunità del resto coniugano sempre rischi altissimi. Sembra però un uomo molto fortunato e questo non guasta affatto.

3. Nonostante molto abbia concorso alle vittorie della Juventus (che con lui tra gli anni 1982 e 1985 vinse praticamente tutto) Zibi Boniek non figurerà tra le 50 stelle 
(a rappresentare i campioni che hanno reso grande la Juve) che saranno posizionate a perenne memoria nel nuovo stadio di proprietà che verrà inaugurato all’inizio del prossimo campionato di Serie A. In un primo momento Boniek figurava nell’elenco, ma successivamente pare che la frangia più estremista dei tifosi abbia fatto presente alla società che lo stesso Boniek aveva tenuto durante la vicenda Calciopoli una posizione coraggiosamente critica nei confronti della dirigenza juventina coinvolta, facendo altrettanto ai tempi della vicenda doping. Da qui si è giunti al diktat di questi ultimi giorni. Calciopoli continua a fare vittime, anche per fuoco amico. Siamo al reato di opinione.

4. Sempre in tema Juventus, ha fatto scalpore la rovinosa caduta interna di ieri contro il Parma nonostante le situazioni particolari che hanno condizionato la partita (su tutte il grave infortunio di Quagliarella e la follia di Felipe Melo).
Rimane il fatto che a parità di partite Ranieri avesse più punti di Ferrara e Ferrara ne avesse più di Delneri: eppure sono stati cacciati dalla Juve e trattati dai media di settore come se fossero due mentecatti. Delneri invece è stato presentato da larghi settori mediatici come fosse un grande allenatore, pur avendo fatto bene (ma anche a volte male) in club di importanza ben diversa rispetto a quella della Juventus. Stesso schema per la dirigenza della Juventus, che in precedenza con risultati forse superiori era considerata impresentabile ed ora invece viene ritenuta anche dalla tifoseria più accesa al top dei desideri. Stranezze, davvero. Se ci fosse ancora il vituperato Alessio Secco e pensasse come rinforzo a Luca Toni cosa si scriverebbe di lui?

5. La Roma fatica da anni a trovare un compratore e su coloro che sono comparsi all’orizzonte e presto scomparsi sarebbe meglio non approfondire (una recente pesante multa inflitta dalla Consob ad uno di questi supposti acquirenti apre uno scenario a dir poco inquietante sulla vicenda).
Diversi però e molto seri i motivi in base ai quali la Roma non riesce a trovare la pace societaria e maggiori capacità di investimento, come i suoi tifosi auspicherebbero. Il bacino d’utenza troppo ristretto e limitato alla piazza di Roma quasi esclusivamente, poi il fatto che la passione smodata dei tifosi spesso diventi un impedimento non da poco a operare liberamente in una logica esclusivamente industriale. Infine i molteplici fenomeni di utilizzo non autorizzato (illegale) del marchio As Roma per le attività di merchandising che condiziona i ricavi molto di più che su altre piazze (l’altra forse più critica è Napoli). Non è un caso che la scorsa estate si parlasse di 250 milioni per rilevare la società, per scendere quasi subito a 200 milioni (il presidente del Genoa Preziosi a questa cifra ci aveva fatto un pensierino) ed arrivare ai 150 milioni di cui in questi giorni si sta parlando con gli ennesimi americani e agli 80 milioni degli Angelucci.

6. “Il Milan che vince fa bene al Paese”. Chi parla così è ovviamente uno completamente super partes, che poco ha che fare con il Milan e con il mitico Paese. Almeno avesse aggiunto: “Vale anche per ogni altra squadra in competizione”.

Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)

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