Basket

I ragazzi di Guglielmo Roggiani

Oscar Eleni 20/05/2021

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Oscar Eleni in lacrime per non aver potuto essere ai piedi del letto di Guglielmo Roggiani, discreto giocatore, bravissimo allenatore, grande persona, quando ci ha detto arrivederci assistito dalla sua compagna. Avrei dovuto esserci come fece lui quando a Riva del Garda, incredulo per un passaggio in contropiede del dottor Benazzi, andai a terra sul ponte di Pesaroni, ferendomi alla testa e chiudendo una modesta carriera di giocatore.

Mi portarono all’ospedale e lui, mentre la squadra della Canottieri mangiava e rimuginava al Faccetta Nera, venne all’ospedale. Un bel posto, ma dove all’inizio i compagni di stanza facevano tremare il nuovo ricoverato. Quello, operato, ma la ferita si è riaperta, quello, moribondo e mai salvato. Guglielmo era l’unica speranza in quella veglia, la testa girava e il monte Baldo sembrava l’inferno. Lui disponibile ad aiutare il moribondo, lui che un giorno, a Varese, quando la Canottieri, vergognosamente lasciata fuori dalla Armani Academy, aveva affidato la squadra juniores ad un  borelliano convinto, mi disse, senza giri di parole, che gli avevo rovinato la vita perché era rimasto fuori dal quintetto base alla palestra dei pompieri contro il Dodo Rusconi apprendista. Lui ed Enzino Lefevre fioriti nel vivaio di una scuola che ha dato forse più allenatori, manager, che grandi giocatori, a parte Guglielmo Tonin che Garbosi volle in serie A con l’All’Onestà.

La sua storia sportiva diventa importante nel settore femminile, ma bisogna dire che fu importante anche nel sistema Olimpia, dove ha curato alla grande un fiorente vivaio aiutato da Bruna Heidempergher a non esagerare nelle punizioni per chi tradiva le regole, prima di mettersi con Casalini al servizio del Dan Peterson che sapeva imitare, ma da cui ha imparato tanto. Da allenatore Olimpia anche cinque titoli nazionali giovanili vinti, facendo crescere il memorabile gruppo dei nati nel 1958, quello dei gemelli Boselli, Franco e Dino, e di Vittorio Gallinari. Dopo Milano va a Vicenza, nel femminile, e poi in tante altre squadre. È assistente di Recalcati nella Fortitudo del primo scudetto, 1999-2000, rimanendolo con Boniciolli e Repesa.

Se ne è andato nel suo rifugio in Sardegna. Un dolore immenso, ma questo figlio di un bersagliere sorriderebbe, se ci vedesse piangere, come nei giorni in cui lui ed Enzino facevano impazzire lo storico guardiano di porta della Canottieri mentre si arrampicavano sui muri dello spogliatoio che divideva  uomini e donne, ragazzi e il mondo dei Visai. Noi piangiamo lo stesso e gli diciamo addio.

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