Economia

I più ricchi d’Italia in fuga dallo sport

Stefano Olivari 16/12/2020

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Chi sono i più ricchi d’Italia? Giovanni Ferrero, Leonardo del Vecchio e Massimiliana Landini Aleotti (la proprietaria della Menarini), questo il podio della classifica di Forbes aggiornata a fine 2020. Una classifica in cui gli imprenditori che investono sul mondo dello sport sono ormai una minoranza. Al quarto posto c’è Giorgio Armani, con un patrimonio netto stimato (da Forbes) di 8,9 miliardi di dollari, al cui accrescimento non ha certo contribuito l’Olimpia Milano, anche se in un’ottica più ampia e illumninata l’operazione (dal 2004 come sponsor, dal 2008 come proprietario) non è stata in perdita.

Sesto Silvio Berlusconi con i sui 7,3 miliardi di dollari, con qualche spicciolo (comunque inspiegabile) investito al Monza con Brocchi, BalotelliBoateng e soprattutto Galliani. Decimo Piero Ferrari, il figlio del fondatore della più nota azienda automobilistica del mondo, con 4,7 miliardi, ma certo non si può definire uno che investa sullo sport: ha ereditato, fortunato lui. Undicesimo Patrizio Bertelli, cioè il signor Prada. Tredicesimo Renzo Rosso, il signor Diesel (ma non è che abbia sposato una Diesel, si è fatto da solo), attuale proprietario del Vicenza che in realtà sarebbe dodicesimo perché nel conteggio Miuccia Prada andrebbe unita al marito. Diciannovesimo Luciano Benetton, ma oggi lo sport Benetton è ormai ridotto al rugby.

Quarantesimo Antonio Percassi, con poco più di un miliardo ma tanto margine di crescita per le sue aziende e per la stessa Atalanta, per il resto tantissimi ex (da Moratti a Della Valle) ed una marea di gente ignota a chi non legge, ma proprio attentamente, il Sole 24 Ore. Non bisogna ovviamente confondere i soldi liquidi e le partecipazioni detenute come persone fisiche con il potere e con il valore delle aziende che si controllano con una quota di minoranza o costruzioni societarie strane: John Elkann ha una ricchezza netta inferiore a quella di Percassi, ed Andrea Agnelli inferiore a quella di Cristiano Ronaldo, per dire.

E quindi? Stiamo vivendo in un’epoca in cui lo sport può interessare alle aziende, ai loro marchi e ai loro prodotti. Ma sta finendo quella dell’imprenditore che per mille motivi, anche la semplice voglia di apparire, mette la faccia su una squadra. Non una buona notizia, per tutte quelle discipline (cioè quasi tutte) che senza soldi esterni al sistema non starebbero in piedi nemmeno se amministrate bene.

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