Calcio

I Navy Seals del garantismo

Stefano Olivari 03/06/2011

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di Stefano Olivari
I club che non vanno toccati, le previsioni della domenica sera, il non segreto del Barcellona, il pressing di Pedro, Leonardo alla Mancini e l’interessante campionato francese. 

1. Finché si parla di serie B e LegaPro il moralismo da popolo bue scatta in automatico, come se per dare un giudizio giornalistico sul fantastico finale di primo tempo di Atalanta-Piacenza fossero necessarie intercettazioni e arresti. Adesso che si comincia a parlare di serie A scattano invece i distinguo e dopo le bastonate a Signori e gli schizzi di fango su De Rossi presto sui media verranno mandati a combattere i Navy Seals del garantismo. Milan-Chievo, Inter-Lecce, Brescia-Bologna: tutte partite su cui i vari gruppi di scommettitori e di scommettitori-taroccatori (il distinguo qui va fatto), dai Bolognesi agli Zingari, la sapevano ma soprattutto pensavano di saperla lunga. Siccome è prevedibile che quando verranno toccati certi club si scatenerà l’inferno, perché nel 2011 il calcio ha un’importanza sociale molto superiore a quella che aveva nel 1980, è bene dire prima che l’unica differenza che conta ai fini della giustizia sportiva è quella fra il tesserato Figc che scommette e il tesserato Figc che altera in maniera fraudolenta l’andamento di una partita (non solo per motivi legati alle scommesse). Nel primo caso, visto che il tesserato non può scommettere nemmeno su eventi slegati dalla sua squadra (esempio: un giocatore della Juventus non potrebbe scommettere, nemmeno per interposta persona, sulle partite del Frosinone), scatterebbe la squalifica sportiva ma non saremmo in un campo di interesse della giustizia ordinaria, a meno che le puntate vengano effettuate tramite il totonero o siti senza autorizzazione AAMS. Si parlerebbe quindi di violazione dei principi di lealtà, di infrazione al codice di giustizia sportiva della Figc e di squalifiche personali misurabili in mesi. Nel secondo caso oltre agli aspetti penali, come minimo frode sportiva, saremmo in piena zona illecito sportivo con effetti dirompenti anche sul futuro delle squadre di appartenenza. Quindi promozioni da cancellare, campionati di appartenenza da cambiare con retrocessioni d’ufficio delle squadre, squalifiche sportive di anni e processi penali. E’ bene dirlo subito, prima che si levi il grido già sentito ai tempi di Calciopoli. Non si può avere una serie A senza la Tizia, o la Caia o la Sempronia. Perchè? Se un giocatore di queste tre squadre ha truccato una partita la retrocessione dovrebbe essere automatica, per responsabilità oggettiva. Se si sarà limitato a scommetterci sopra pagherà invece solo lui. Sembra semplice, ma i media devono difendere il proprio bacino di utenza e in certi casi anche i propri padroni. Un buon esempio sono le recenti richieste di pena dei pm di Napoli, riportate dai più come se l’unico citato fosse stato Moggi. Della Valle in certi casi è scomparso anche dai sommari…
2. Domanda: nuovo calcioscommesse o calciatori sul viale del tramonto (se non direttamente ex) che provano ad arrotondare sfruttando le mille conoscenze e provando ad indirizzare partite? Al momento la situazione, passibile di mutamenti ogni minuto, è più vicina al secondo scenario. Questo non significa che non possano esserci sviluppi, soprattutto se chi è coinvolto nell’indagine con vari gradi di responsabilità e di accuse, da Signori in giù, imposterà la sua strategia difensiva su un ‘tutti colpevoli’ che nel caso delle scommesse è poi anche abbastanza credibile. Tre sono al momento i punti fermi dell’inchiesta. Il primo: non si trattava almeno in origine di un’indagine sul calcioscommesse, ma su un tentativo di somministrare sostanze ‘calmanti’ (sintetizziamo) ai giocatori della Cremonese prima di una partita dello scorso novembre. Da lì, attraverso intercettazioni e pedinamenti, si è arrivati alla scoperta di un giro di scommettitori ‘insider’ molto vasto e strutturato. Il secondo punto fermo: come al solito, vista l’assenza di strumenti investigativi adeguati, la giustizia sportiva dovrà andare a rimorchio delle indagini di quella ordinaria. Che ha messo nel mirino singoli personaggi e non ancora squadre. Terzo punto fermo: i calciatori professionisti si conoscono quasi tutti fra di loro, la domenica sera frequentano gli stessi locali sia i giocatori di Inter e Milan che quelli di LegaPro che non ricevono lo stipendio da sei mesi, nelle intercettazioni ci sarà di sicuro di tutto visto che il mondo del calcio è pieno di millantatori: cose tipo ‘Tizio mi ha detto di andare sul sicuro’, ‘Caio si lascerà fare due gol’, eccetera. Il calcioscommesse Tre è partito, nessuno ancora sa dove arriverà ma in molti hanno interesse a considerarlo una cosa da calciatori ultratrentenni. Noi non abbiamo a disposizione intercettazioni, ma abbiamo il vizio di guardare le partite: nella sola serie A (ricordiamo che l’indagine al momento sta toccando solo B e LegaPro) ci sono almeno tre squadre che da marzo in poi hanno giocato in un’altra dimensione. Vedremo se la colpa è stata solo del calo delle mitiche ‘motivazioni’, che in almeno un caso avrebbero dovuto esserci.
3. Buoni ultimi, parliamo del Barcellona. La sua in Champions League è una delle poche grandi vittorie calcistiche della storia a sembrare esente da discussioni: troppa la superiorità in ogni fase del gioco, non solo nella finale e non solo grazie alle qualità dei singoli. Nel mondo solo il Real Madrid ha i giocatori e l’arroganza, nell’accezione migliore del termine, per tenere botta dal punto di vista psicologico. Diciamo Real Madrid ma non dovremmo dire Mourinho, visto che un anno fa l’Inter che di puro orgoglio ha strappato la Coppa Italia al Palermo aveva buttato fuori dalla Champions lo stesso (al posto di Villa quello scarso di Ibrahimovic…) Barcellona inimitabile, invincibile, eccetera, creando nella semifinale di andata sette palle gol: più di tutte quelle create dal Real dello stesso Mourinho nei mille confronti diretti di quest’anno messi insieme. E quindi? La squadra di Guardiola non può essere copiata né tantomeno battuta con le sue armi: tutti i suoi fenomeni sono cresciuti in casa, chi viene da fuori ha caratteristiche funzionali al sistema e non è il fenomeno isolato (parziale eccezione proprio Ibrahimovic, ma definire la sua stagione 2009-10 negativa è assurdo) preso per compiacere la piazza, il senso di appartenenza per così dire etnico è qualcosa di unico a livello di grandi club. La forza del Barcellona è in definitiva quella di non avere una formula segreta, ma una caratterizzazione così forte da non poter essere copiata. Questo suo ciclo finirà quando gli uomini migliori, gli Xavi, gli Iniesta, i Messi, invecchieranno e saranno sostituiti da ragazzi con le stessa filosofia ma piedi inferiori. Insomma, per i prossimi cinque anni il Barcellona potrà perdere la Champions solo se eliminata da squadre che interpretino le partite come una guerra. Se no sarà sempre Harlem Globetrotters contro Washington Generals.
4. A margine, ma nemmeno tanto, c’è poi il discorso sul ritmo di gioco della squadra di Guardiola. I primi dieci minuti della finale, con il Manchester United a pressare in maniera ordinata e al tempo stesso intensa, hanno reso il discorso evidente. Dopo quei 10 minuti i Red Devils hanno dovuto scalare una marcia e per il resto della partita il Barcellona ha dominato tecnicamente, fin qui nessuna sorpresa, e fisicamente. Il pressing di Pedro e Villa nel finale faceva davvero impressione, ha ricordato certe squadre italiane nell’era dei (non) controlli all’Acqua Acetosa. Non potendo lanciare accuse senza prove, ci limitiamo a sottolineare l’evidenza. Circolano teorie spericolate sulle squadre corte che sembrano avere un ritmo superiore alle altre e sui palleggiatori che si stan
cano meno, ma il Milan che aveva in campo contemporaneamente Pirlo, Seedorf e Rui Costa palleggiava sì in certi frangenti come il Barcellona, ma pressava a tutta per massimo dieci minuti come il Manchester United. Si vede che nella biblioteca di Milan Lab mancavano testi in catalano e in spagnolo.
5. A Roma, nell’ultima partita italiana della stagione fra squadra di A, si è vista una differenza fisica simile a quella di Wembley. Il Palermo non pressava forsennatamente ma stava bene, L’Inter aveva la lingua per terra per mille motivi fra cui il più pesante era l’avere buttato via quattro mesi con Benitez e aspettando un Mondiale per club che vale un centesimo della Champions come prestigio e peso sportivo: diciamolo almeno quando a detenerlo sono squadre italiane, per non fare la figura degli invidiosi da quest’anno all’eternità. Quattro campioni, di cui due mezzi rotti (Julio Cesar e Sneijder), e due assatanati (Lucio ed Eto’o) attorniati da compagni che non riuscivano nemmeno a spazzare via il pallone per mancanza di energia, hanno subito l’ultimo urrah di Delio Rossi e di un gruppo con qualità tecniche almeno a pari a quelle del Napoli che farà la Champions League. Una coppa Italia che per l’Inter contava tantissimo ma che Moratti ha accolto con un atteggiamento strano: quello, già visto più volte in passato (con Ottavio Bianchi, Simoni, Lippi e Cuper) della conferma controvoglia di un allenatore. Adesso Leonardo potrebbe essere il Mancini di sette anni fa, cioé il creatore di una classe medio-alta che insieme a qualche campione di fa arrivare in fondo. E magari il Mourinho suo successore potrebbe coincidere con il Mourinho originale. Visto che Moratti non sembra cambiato, con l’aggravante del 2010 che gli ha dato un bonus valevole per decenni, lo scenario più realistico è invece quello della graticola. Di sicuro c’è che, se non farà rivoluzioni e se ringiovanirà gradualmente la squadra, con Leonardo, Hiddink o Cavasin l’Inter dovrà impegnarsi per arrivare peggio che seconda in Italia e per non diventare abbonata agli ottavi di Champions. E qui si nota tutta la follia della vendita-svendita di Balotelli, agnello sacrificale sull’altare di un gruppo che adesso deve essere in gran parte pensionato. Un anno fa di questi tempi Milito dopo avere deciso la finale di Champions League dettava le sue condizioni, adesso dopo una Coppa Italia l’abbiamo visto baciare la maglia come nemmeno Zamorano. Qualcosa è cambiato.
6. Per quale motivo un fondo d’investimento del Qatar dovrebbe investire i suoi soldi nel deprimente campionato francese? Deprimente, guardando al marketing, in rapporto a una Premier League dove anche un Bolton qualunque assicura una visibilità internazionale maggiore rispetto a quel Paris Saint Germain il cui 70% è appana passato di mano (il 30% rimane del fondo americano Colony Capital, che nel 2006 aveva acquistato la totalità delle azioni dal gruppo Canal Plus). Anche al di fuori del calcio, bisognerà iniziare a farsi queste domande, senza paura di scorrettezza politica. Non è vero che chi ha i soldi abbia sempre ragione, anche se così ci hanno insegnato a pensare decenni di ‘colpi’ chiesti al munifico presidente della situazione. Ora che i soldi vengono da fuori, il poco latente razzismo che è in tutti noi potrebbe aiutarci a riflettere insieme agli inevitabili amici del bar del genere ‘Moratti con i suoi soldi può fare quello che vuole’.


stefano@indiscreto.it
(Remix, attualizzazione e correzione di articoli già pubblicati sul Guerin Sportivo)

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