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I muscoli mostrati al Chievo

Stefano Olivari 29/05/2008

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C’era una volta un programma tv che s’intitolava “ai confini della realtà”. I confini, stavolta, ce ne scusino, crediamo li abbiano superati l’Osservatorio del Viminale e il Prefetto di Verona. In occasione della grande festa per la promozione in serie A del Chievo, recepite le indicazioni dell’Osservatorio del Viminale, la prefettura scaligera ha disposto che la vendita dei biglietti per la partita di chiusura del campionato contro il Bari venga riservata “esclusivamente alle persone residenti nella provincia di Verona”, con conseguente divieto di diffusione e vendita dei tagliandi attraverso circuiti telematici al di fuori della stessa “nonché l’assoluta impossibilità di effettuare il cambio utilizzatore per biglietti o abbonamenti sia a pagamento che omaggio”. Un provvedimento che galleggia tra l’ingiustiza e il grottesco.
Spieghiamo meglio l’antefatto. Mao Tse Tung pensava che colpirne uno fosse efficace per educarne cento. Non avrebbe mai pensato che un giorno qualcuno sarebbe arrivato a ribaltarne la proporzione, soprattutto nei riguardi di cento innocenti. Sarebbe troppo facile liquidare la disposizione dell’Osservatorio quale limite alle libertà personali. C’è di più. Innanzitutto si tratta di una restrizione che, nello specifico, viene applicata alla tifoseria di gran lunga più corretta d’Italia. Sicuramente non saranno migliaia i non veronesi di residenza a voler essere presenti ai festeggiamenti per Pellissier e compagni (anche se esistono club di tifosi in altre regioni, nonchè a Milano e Roma) ma è veramente incredibile che un provvedimento del genere per ragioni esclusivamente anagrafiche penalizzi anche solo un piccolo gruppo di supporter di una tifoseria correttissima come quella gialloblù. La fattispecie che però rende grottesca la disposizione è che la causa sia in realtà dovuta al comportamento altrui e per avvenimenti che non c’entrano nulla col Chievo.
Ebbene sì, perché la premura di Osservatorio e Prefetto nasce dal fatto che l’obiettivo sia impedire agli ultrà del Bari di recarsi a Verona dopo gli incidenti avvenuti allo stadio nel corso del derby col Lecce. Ultrà dei quali (visto che i biglietti sono nominali, o no?) si conoscono perfettamente generalità, dati personali. Basterebbe impedire a questi pochi teppisti (o tanti che siano) l’acquisto del biglietto, visto che avviene in maniera telematica con dati registrati. O , alla peggio, ai residenti della provincia barese. Invece no. Forse perché i biglietti nominali, controllati correttamente in maniera minuziosa domenicalmente dagli steward del Bentegodi, altrove sono allegramente ignorati? Forse perchè è più comodo impedire a qualche centinaio di tranquilli e incolpevoli appassionati di andare a festeggiare la propria piccola squadra di provincia piuttosto che fare una seria lotta al teppismo da stadio? D’altronde, si sa, ci sono puncicature e puncicature. E un prefetto che, tanto per dire, chiuda l’Olimpico o San Siro probabilmente deve ancora nascere. E allora lasciamo a casa le brave persone, i bambini e i pensionati che tifano Chievo. Tanto loro mica cercheranno di sfondare i cancelli dello stadio pretendendo di entrare ad ogni costo?

Paolo Sacchi
p-sacchi@hotmail.it

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