Attualità

I giornalisti italiani sono di sinistra?

Indiscreto 23/12/2019

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I giornalisti italiani sono quasi tutti di sinistra, un luogo comune più volte tirato fuori dai giornalisti di destra, per fare del vittimismo, ma anche da quelli di sinistra come a sottolineare una precisa identità culturale che deve avere chi svolge questa professione, anche se si occupa di Dybala e Carruezzo. In soccorso a tutti loro, anzi a tutti noi, è arrivato l’ultimo report di World of Jornalism Study, edito dalla Columbia University Press, la casa editrice dell’università newyorkese dove si sono laureati Roosevelt, Obama e tanti altri.

Nel report vengono analizzate le risposte di 27.500 giornalisti di 67 paesi, con risultati in parte sorprendenti. Intanto i giornalisti del Regno Unito, fra carta stampata e televisione, risultano in prevalenza di un moderato centro-destra, cosa che non si evince da tante corrispondenze basate su qualcosa orecchiato della BBC o dal Guardian.

Meno strano è che i giornalisti dell’Est Europa risultino mediamente più di destra, guardando ai più recenti risultati elettorali: in troppi si dimenticano che il giornalista non è un artista maledetto, svincolato da condizionamenti e bisogni, ma uno che scrive o parla per un pubblico. Magari di nicchia, ma pur sempre un pubblico.

Stando alle loro stesse risposte, i giornalisti europei più equilibrati politicamente risultano essere quelli di Francia, Belgio e Svizzera, mentre la prevalenza è il moderatismo, di destra o di sinistra, nel già citato Regno Unito, in Germania e in Olanda. Prevalenti le posizioni di sinistra in maniera abbastanza netta fra i giornalisti di Spagna, Svezia e Grecia, e in maniera molto netta, come in alcun altro paese europeo, in Italia.

In altre parole, in nessun paese è così netta la distanza fra le opinioni politiche dell’elettorato medio e del giornalismo medio. È il prodotto di un settore mediatico in cui molti esistono soltanto per essere strumento di pressione, non per essere letti o ascolti dal pubblico. Ma anche di un sistema culturale elitario in cui le masse sono viste come un qualcosa da educare, più che da assecondare.

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