Calcio

I gioiellini della Parmalat

Stefano Olivari 24/03/2011

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Nel Gioiellino, il film di Andrea Molaioli liberamente ispirato al crack della Parmalat, una parte secondo noi troppo piccola è riservata ai danni finanziari causati da quella che Tanzi-Remo Girone definisce ‘La squadra di calcio’ e che di fatto è un giocattolo personale del figlio Stefano: nel film rappresentato in maniera caricaturale, tutto Ferrari e vanterie provinciali.
Poco caricaturale è però la realtà di quel Parma che va dal 1990 (promozione in serie A) al 2003 (inizio della fine per la holding, mentre la parte industriale dell’azienda è arrivata fino ai giorni nostri): i giocatori per quasi un decennio sono stati all’altezza di quelli delle squadre da scudetto, gli ingaggi spesso anche superiori, per non parlare di operazioni di mercato che erano fatte con miliardi di lire veri e non con i documenti corretti con il bianchetto da Tonna-Servillo (sempre con mono-espressione, tipo Giuliano Gemma). Quello che vogliamo dire è che è difficile quantificare quanto sia effettivamente costato il Parma a Tanzi, visto che molte operazioni erano effettuate all’estero attraverso consociate estere, ma sommando le sponsorizzazioni calcistiche Parmalat nel mondo non si va molto lontani dalla realtà dicendo che siamo a livelli Berlusconi-Milan e Moratti-Inter, quindi vicini al miliardo in euro, a fronte di incassi e diritti televisivi di tutt’altra entità. C’erano i famosi 14 miliardi di ‘buco’ e i quasi 4 miliardi di finta liquidità creata attraverso un conto tarocco presso la Bank of America (architrave della truffa, visto che questa liquidità serviva a garanzie di prestiti ‘veri’ erogati da banchieri incapaci o peggio), ma una parte di tutta questa carta è arrivata in termini reali nelle tasche di parecchi ‘utilizzatori finali’. Tutti a libro paga di una squadra piena di quegli Zizinho (il brasiliano che nel film viene poi promesso al Milan) comprati a colpi di decine di miliardi alla volta e poi svenduti. Per fare dei nomi di ‘investimenti’: 70 miliardi di lire per Marcio Amoroso, 50 per Nakata, 50 per Milosevic, 40 per Ortega, 30 per Djetou, e via così. Va precisata una cosa: fino alla stagione 1998-99 le spese sono state sì enormi, ma da ancora da ricco che vuole spendere i suoi soldi come gli pare (alla Mantovani, per citare uno che ha vinto fuori dai soliti giri) in attesa di uno scudetto che il sistema prima o poi gli dovrà regalare. Del resto, quando metti contemporanemente in campo Buffon, Thuram, Cannavaro, Dino Baggio, Veron, Chiesa e Crespo nel fiore degli anni qualche speranza ci può anche stare. E quindi? Come in tutte le truffe che si rispettino, alla fine qualcuno di onesto (fino a prova contraria) che ha preso soldi veri c’è stato. E’ la società civile, bellezza.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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