Economia

Diavoli, shortando con Massimo Ruggero

Stefano Olivari 27/05/2020

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La prima e crediamo non unica stagione di Diavoli, da poco finita di vedere su Sky, è un tentativo ambizioso e italiano (Lux Vide, Sky Italia), con una quota di produzione francese (Orange, l’ex France Telecom), di mescolare alcuni ingredienti della fiction con eventi storici, in questo caso quelli del 2011 fra rovesciamento di Gheddafi e Italia sull’orlo del default. Tentativo secondo noi riuscito, utilizzando una quantità industriale di complottismo che ci ha tenuti inchiodati al divano per tutte le 10 puntate.

Basato sull’omonimo romanzo scritto da Guido Maria Brera, finanziere e per noi pancia del paese marito di Caterina Balivo, Diavoli è basato sulla rivalità prima latente e poi manifesta fra Dominic Morgan (un credibilissimo Patrick Dempsey), statunitense di base a Londra, CEO della New York-London Investment Bank, e l’italiano Massimo Ruggero (un meno credibile Alessandro Borghi, per noi al top in Suburra in versione Daniele De Rossi), head of trading della stessa banca. Entrambi tormentati dal passato, uno dalla morte del figlio in Afghanistan, l’altro dagli anni in riformatorio per colpa del padre, si sfidano usando tutto e tutti.

La parte finanziaria di Diavoli è molto divertente, non le abbiamo contate ma ad occhio il 99% delle operazioni di Ruggero e dei suoi rivali sono short (vendere un titolo allo scoperto, scommettendo quindi sul suo ribasso) e quindi pare che in tutta la finanza mondiale, non solo i titoli di Stato italiani, il segreto del successo sia shortare, sempre e comunque. Gli indici dovrebbero essere a zero, quindi… Abbastanza divertenti sono anche le crisi di coscienza di alcuni protagonisti, Ruggero in testa, patriottici a giorni alterni, con comici pistolotti sulle colpe della finanza (come se facessero i salumieri).

Buona la scelta di Diavoli di mescolare immagini di politici veri (Berlusconi, Merkel, Sarkozy, Strauss-Kahn, eccetera) a quelle della fiction, senza stare a metà. Poi quando si maneggia una materia così complessa il trash è inevitabile. La trading room ‘etica’ che applaude il discorso di Mario Draghi, quello famoso del ‘Whatever it takes’, è da sballo, così come la criptovaluta di Daniel Duval (Lars Mikkelsen, il simil-Putin di House of Cards) e quella specie di loggia massonica di cui fa parte anche il professore-consigliere di Ruggero. Divertente anche il ritorno di Ruggero a Cetara, dal padre moribondo, chiaramente per il mercato internazionale (potevano metterci anche pizza e mandolino, già che c’erano).

Come al solito non spoileriamo il finale ma dichiariamo le nostre preferenze. Sul gradino più alto del podio Sofia Flores, hacker argentina strumentalizzata da tutti, poi Dominic Morgan (il nostro tifo sfrenato va a lui) e la algida, ma non troppo, carrierista Eleanor, collaboratrice di Massimo. Di sicuro la prima fiction in cui si parla apertamente di un complotto contro l’Italia governata da Berlusconi, aprendo la strada a Mario Monti e al mito dei ‘tecnici’, che dura ancora oggi. Sempre decisivo il ruolo dei giornalisti, nella parte degli idioti e nemmeno utili. In definitiva speriamo che ci sia una seconda stagione, anche per l’Italia.

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