Economia
I camerieri di Elkann
Stefano Olivari 11/08/2025

La recente notizia della vendita di Iveco agli indiani di Tata, un’operazione che segna un ulteriore ridimensionamento dell’industria italiana, ha avuto in generale commenti soft e non soltanto dai media controllati dagli Elkann-Agnelli. Una delle poche voci fuori dal coro è stata quella di Giorgio Garuzzo, uno dei massimi dirigenti della FIAT fra il 1976 e il 1996, che pensando anche all’indotto ha espresso un timore, che per altri invece è un futuro meraviglioso: “Torino produrrà lavoro soltanto per baristi e camerieri”. Una provocazione, certo, ma che coglie nel segno: un paese senza industria è un paese di servi. Anche contenti di esserlo, se ripetono frasi come “Il turismo è il nostro petrolio”, “Florida d’Europa” e “Primo patrimonio artistico del mondo”.
Le parole di Garuzzo riportano alla mente, almeno alla nostra, le vicende storiche della FIAT, un tempo colosso intoccabile e comunque simbolo dell’Italia produttiva, in quanto tale apprezzata anche dagli antipatizzanti degli Agnelli. C’erano l’orologio sopra il polsino e i nostri fratelli maggiori che aspettavano l’elicottero sulle piste (da sci), ma anche la nostra Uno 45 S, la nostra prima auto: orribile, con il senno di poi, ma di straordinario successo. In ogni caso qualcosa di vero, di concreto.
In questo contesto il libro di Garuzzo, FIAT – I segreti di un’epoca (Fazi Editore, 2012), il suo primo che abbiamo letto (ne ha scritto poi un altro molto bello sulla Olivetti), si rivela una lettura imprescindibile per comprendere le dinamiche interne e i retroscena di un’azienda che ha plasmato il panorama economico e sociale italiano, per non dire l’Italia, per decenni.

La cessione di Iveco, un marchio storico nato sotto l’egida Fiat, sembra quasi un’eco lontana delle difficoltà e delle trasformazioni descritte da Garuzzo (fra l’altro come CEO, anche se forse all’epoca nessuno li chiamava CEO, centrale nel salvataggio e nel successo dell’Iveco), che raccontano un’azienda alle prese con sfide epocali, intrighi di potere e una classe dirigenziale spesso impreparata (divertenti, pur scritte in forma piemontese-felpata, le pagine sull’Avvocato).
Le parti più interessanti del libro sono secondo noi quelle sul breve periodo di De Benedetti al comando, ma nelle oltre 700 pagine (sì, è un mattone, anche perché da ingegnere quale è parla soprattutto di scelte industriali, per noi che amiamo le auto comunque leggibilissime e in ogni caso alternate a retroscena super) non mancano analisi interessanti e anche dure sulla pompata “Marcia dei quarantamila” che segnò una svolta nei rapporti con i sindacati, sul licenziamento di Ghidella, sugli scontri tra Umberto Agnelli e Cesare Romiti. Anche Garuzzo, come la maggior parte dei dirigenti che hanno conosciuto la FIAT dal di dentro. è convinto (non lo dice esplicitamente, è una nostra traduzione) che il migliore Agnelli fosse Umberto: per l’Italia sarebbe stato meglio lui, anche se per la numerosa famiglia è stato più utile Romiti.
Non mancano riferimenti a episodi controversi, come il coinvolgimento (anche suo di Garuzzo, poi uscitone relativamente bene) in Tangentopoli, la corruzione negli acquisti e il lavoro nero, che gettano luce sulle ombre di un sistema industriale tanto glorioso quanto fragile. Da un lato Garuzzo analizza temi complessi come il terrorismo, l’inflazione, la scala mobile, la concorrenza giapponese e l’integrazione europea; dall’altro, regala aneddoti gustosi sui cerimoniali della corte degli Agnelli e sugli interrogatori delle inchieste giudiziarie.
Il ritratto di Gianni Agnelli emerge come quello di una figura carismatica ma senza sostanza (viene in mente il celeberrimo ‘Avvocato di panna montata’” di Scalfari), abile però nel navigare tra gli interessi dell’azienda e le dinamiche di potere, mentre i rapporti con il fratello Umberto e con Romiti rivelano tensioni e rivalità che hanno influenzato le scelte strategiche del gruppo ai loro tempi ma anche in questi. Poi il giornalista italiota ama, nella media, scrivere che la Famiglia è unita, lo ha fatto anche per Totti e Ilary. Insomma, un libro di storia economica vivissimo, che aiuta a capire il presente. In un’economia equilibrata ci vogliono i camerieri e forse addirittura i giornalisti, ma soprattutto l’industria.
stefano@indiscreto.net
(Articolo pubblicato il 3 agosto 2025)