Tennis

Eletti dal burraco

Marco Lombardo 08/10/2008

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A Mosca Starace perde al primo turno dal francese Chardy, a Vienna Seppi saluta subito dopo essere stato sconfitto da Canas. Per non parlare poi – sempre in Austra – dell’uscita di Volandri con Gulbis e della sconfitta con Gonzalez di Bolelli, appena reduce della fallimentare tournée asiatica, quella per cui è sorto il contenzioso con la Fit sulla coppa Davis. Scontro che ha portato alla squalifica del giocatore dalla maglia azzurra e la diffida dittatoriale del presidente Binaghi ai circoli di non ospitare Simone neppure per dargli un letto per dormire. Ecco, il nostro tennis è questo mentre – ad esempio – l’Argentina saluta l’ingresso di Juan Martin Del Potro nella Top 10. E noi? Guardiamo la classifica mondiale: abbiamo 5 giocatori nei primi 100 (Seppi 30, Bolelli 46, Fognini 73, Starace 76, Volandri 95) più altri due nei primi 200. Di tutti questi non c’è un nome nuovo, i fenomeni da junior Trevisan e Fabbiano sono in alto mare (il primo per colpa della mononucleosi) ed è inutile continuare a dare per vero il solito ritornello degli “italiani maturano tardi”. A 19-20 anni se si è un giocatore d’alta classifica si vede già: gli altri fanno sforzi (anche lodevoli, visto l’aiuto che viene loro dato) per galleggiare. Ciò che sconforta è il paragone con l’inizio dell’anno, quando c’erano aspettative su un netto miglioramento, soprattutto riguardo giocatori come Seppi e Bolelli. Guardando la classifica del 28 gennaio, post Australian Open insomma, i giocatori nei primi 100 erano 4 perché Fognini era al limite (104) ma i miglioramenti sono minimi: Seppi ha guadagnato 18 posizioni, Bolelli 22, ma Starace ha perso 41 posti e Volandri 45. In più nei primi 200 i giocatori italiani erano 9: due in più. In pratica, conti alla mano la situazione è quella di allora, se non peggio. Ed è per questo che suona stridente la percentuale plebiscitaria con la quale i dirigenti della nostra federazione sono stati confermati per il terzo mandato. Una gestione, per carità, che ha risanato i conti economici e ha ridato lustro agli Internazionali d’Italia, ma che sui rapporti con i giocatori e con i loro tecnici ha mostrato limiti irreparabili. D’altronde, in uno sport come il tennis ad alto tasso professionistico, il presidente della federazione viene eletto ancora da circoli dove il burraco ha spesso sostituito il tennis. E non per niente, proprio lui, il numero uno delle nostre racchette, si definisce – con orgoglio – “dirigente dilettante”. Vale a dire: il mondo va in aereo ma noi continueremo a pedalare.
Marco Lombardo
marcopietro.lombardo@ilgiornale.it

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