Calcio

Ecco perchè Miccoli guarda solo il wrestling

Stefano Olivari 02/03/2010

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di Stefano Olivari
Quando i click sugli articoli si tradurranno in soldi scriveremo quasi solo di Inter e Balotelli, che ci divertiremmo anche di più, mentre adesso vorremmo dedicare due parole due alla situazione di Fabrizio Miccoli: dai tempi della Ternana il più dotato giocatore d’attacco italiano, insieme a Francesco Totti.
Escluso dalle convocazioni anti-Camerun senza un vero perchè, considerando la qualità media dei presenti e soprattutto di quelli almeno presi in considerazione, nemmeno lo strapagato orecchino del Diez gli ha portato bene. Ma la fortuna c’entra poco, visto che qualche settimana fa l’attaccante salentino aveva previsto tutto: ”Prendono in considerazione attaccanti da due gol a stagione, non c’è bisogno di commenti. Non dico più quello che penso, magari lo farò fra un paio d’anni. Sto zitto, perché in passato mi hanno mandato a giocare in Portogallo”. Mi hanno mandato…chi mai sarà stato?
Giova ricordare che Miccoli è una delle vittime di successo del moggismo, uno che non ha difficoltà nel mettere insieme il pranzo con la cena, mentre non fanno notizia i mille ragazzi scomparsi nei meandri delle minors e dei presidenti cialtroni a causa del procuratore sbagliato. La Juve della Triade lo prese proprio dalla Ternana, per girarlo al Perugia e riprenderselo per quello che sarebbe stato l’ultimo campionato sulla panchina bianconera di Marcello Lippi. Ma proprio durante la stagione a Perugia, con Miccoli che sognava di andare in bianconero in pianta stabile, accaddero fatti strani. Raccontati dal giocatore stesso non al bar ma in un tribunale al processo Gea, precisazione dedicata a chi invita a ‘fare i nomi’. Se poi i processi televisivi si fanno su rigori e dichiarazioni post-partita, è inutile chiedere ai pochi Miccoli di fare i nomi…
Per farla breve, Miccoli aveva come procuratore Francesco Caliandro e un brutto giorno ricevette una telefonata di Antonio Conte (all’epoca ancora giocatore della Juve di Lippi) che giocando un po’ sulla comune leccesità gli buttò lì qualche frasetta del tipo: ”Passa la procura ad Alessandro Moggi, così l’anno prossimo tornerai alla Juve per rimanerci”. Miccoli rifiutò, ma l’anno dopo anche con Caliandro alla Juve ci tornò lo stesso. Solo che ormai era stato ‘battezzato’, con Moggi padre (quello a cui avrebbero rubato l’anima) che ogni giorno se ne inventava una per innervosirlo. Tanti simpatici episodi, alcuni conosciuti per interposto testimone (il più raccontabile è quello dell’orecchino fatto togliere a forza), e un fatto concreto: quando Miccoli rifiutò il trasferimento al Portsmouth Moggi gli disse che lui gli avrebbe fatto smettere di giocare a calcio in Italia. I fatti dicono che dopo la buona stagione alla Fiorentina quasi due anni di quarantena al Benfica li ha fatti, meditando addirittura il ritiro, per poi essere rivitalizzato da Zamparini: uno dei pochi che i soldi li ha davvero e che quindi può sputare in faccia agli uomini di calcio (al di là del fatto che nell’estate 2007 Moggi sembrasse morto).
E la nazionale? Dieci presenze, tutte nel periodo terminale della gestione Trapattoni, con il re del mercato che gli aveva spiegato (forse in questo caso millantando) che ‘In azzurro ti ci ho mandato io’. Ecco perchè Lippi è sia un grande allenatore che un personaggio discutibile, le due facce non sono in contraddizione. Ecco perchè Miccoli quando è a casa sua non guarda partite di calcio ma solo incontri di wrestling.

stefano@indiscreto.it

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