Economia

Djokovic da studiare a scuola

Stefano Olivari 18/05/2015

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Gli sfigati, giovani e meno giovani, che hanno boicottato il test INVALSI fanno parte di un mondo totalmente diverso da quello di Novak Djokovic. Ma il paragone corretto sarebbe con Filippo Volandri, ex numero uno del tennis italiano ed attualmente numero 216 del ranking ATP, a 34 anni ancora in attività (farà le qualificazioni per il Roland Garros), che nel 2015 ha incassato di premi 9.775 dollari lordi, al netto uno stipendio mensile inferiore a quello di un supplente e con costi (allenatore, fisioterapista, viaggi, eccetera) quasi totalmente a suo carico. Buon per Volandri che abbia anche qualche altra entrata, da sponsor personali ai gettoni come opinionista SKY, visto che dal tennis in senso stretto ricava addirittura meno di quanto noi ricaviamo dal giornalismo. Ma dicevamo di Djokovic, fresco trionfatore al Foro Italico dopo un torneo in cui ha messo a punto il gioco turno dopo turno fino ad essere lucidissimo in semifinale con Ferrer e ingiocabile nella finale con Federer, ascoltato poco fa a Deejay chiama Italia esprimere con parole calde concetti semplici ma fortissimi come impegno totale, dedizione, passione, validi per lui e maggior ragione per il numero 216 del mondo (significa che soltanto in 215 sul pianeta sono più bravi di te) che spesso è costretto a scegliere i tornei in base al vitto e alloggio più o meno gratuiti (infatti il primo criterio di scelta dei Challenger è questo: guadagnare zero ma spendere niente, sperando di fare punti che consentano una presenza nel circuito maggiore). Tutto in un ottimo italiano, prima di andare a fare una dimostrazione in centro a Milano a beneficio di bambini che non diventeranno numero uno del mondo in alcuna professione, forse, ma che magari capiranno cosa sia l’impegno. Non è soltanto Djokovic a potercelo insegnare, ovviamente, ma anche il volontario ENPA con cui abbiamo parlato ieri o un muratore che ci tiene a un lavoro perfetto. Di sicuro il concetto di ‘lavoro’ è diverso da quello di ‘posto’, anche se in un’aula italiana questa distinzione non verrà mai fatta, costringendo i ragazzi meno fortunati (ormai la maggioranza) a capirla sulla propria pelle. Così come non verrà mai insegnato che ogni cosa ha un costo e non esistono diritti acquisiti: se un paese ha avuto Leonardo o Platone non è che debba essere mantenuto da chi non li ha avuti. Parliamone con chi si allenava sotto le bombe ‘umanitarie’ della NATO (comprese quelle dell’Italia di D’Alema, oggi viticoltore anti-renziano) su Belgrado, come il dodicenne Djokovic.

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