Calcio

Divieto di circolazione

Stefano Olivari 05/05/2010

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 di Stefano Olivari
A quindici anni dalla morte di Vincenzo Spagnolo, i tifosi genoani non accettano che si giochi un Genoa-Milan normale. Solite cose che scriviamo, fra santini esagerati e criminali in libertà…

Anni fa ci fu qualche tedesco che uccise, per vari motivi, qualche italiano. Eppure dalla Germania i turisti in direzione terra dei cachi non sono mai mancati, nemmeno nell’immediato dopoguerra. Ma il calcio è una cosa seria, quindi secondo l’opinione prevalente nella tifoseria del Genoa nessun milanista dovrà domenica essere a Marassi per la partita con i rossoblu. Questo nonostante la decisione dell’Osservatorio, che a 15 anni dalla morte di Vincenzo Spagnolo ha ritenuto maturi i tempi per il ritorno alla civiltà o perlomeno alla libera circolazione dei cittadini. ”Tutti i tifosi del Genoa sono invitati domenica – si legge nel comunicato della tifoseria organizzata – ad una grande adunata pacifica in piazza Verdi, antistante la stazione Brignole, attorno alle 13, da dove partirà un corteo fino al nostro stadio, dove svolgeremo un presidio agli ingressi del settore ospiti per cercare di rendere quanto più disagevole possibile l’accesso dei tifosi rossoneri nella porzione di stadio che è stata loro riservata. Vogliamo far sapere loro, nel modo più netto e risoluto, che nemmeno dopo 20 o 30 anni il nostro dolore e la nostra rabbia cesseranno, così come non smetteremo mai di ricordare il nostro fratello Spagna che continua a vivere nei nostri cuori. Riteniamo inoltre vergognosa la decisione dell’Osservatorio e auspichiamo che le massime autorità cittadine preposte all’ordine pubblico correggano tale assurda decisione”.
Accesso disagevole? Dolore e rabbia? Decisione vergognosa? Forse si dovrebbe ricordare anche il contesto in cui questa disgrazia avvenne, uno scontro fra ultras, prima di creare santini post-mortem (Spagnolo, che faceva parte di un gruppo di tifosi all’inseguimento dei rivali per le vie di Genova) e criminali diversi da chi ha commesso effettivamente il crimine (Simone Barbaglia, al quale il coltello in mano non era capitato per caso). Il genoano a mani nude, quindi rispettando le regole allora prevalenti in quel mondo, il milanista cane sciolto (quel gruppetto, soprannominato ‘Barbour’, si muoveva in proprio) con il coltello. Ce n’era abbastanza per un raduno nazionale di ultras che produsse una stagione di calcio relativamente tranquilla e un documento (‘Basta lame basta infami’) che spiega meglio di mille libri un ambiente che ci è estraneo ma che ha quasi sempre funzionato secondo un codice d’onore. Il resto è Italia e purtroppo non Texas, con l’assassino fuori per l’indulto del 2006 e tutti gli altri che continuano a giocare alla guerra. Anche solo a parole.
stefanolivari@gmail.com

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