Basket

Chi vincerà la NBA 2018-19?

Indiscreto 15/10/2018

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Finalmente inizia la stagione NBA e il nostro abbonamento a Sky Sport assume un senso, visto che quest’anno l’emittente non più di Murdoch (ne parleremo, perché la vicenda Comcast-Disney è stata interessante) arriverà a trasmettere 350 incontri in diretta sul canale dedicato, il 206, almeno uno al giorno e fino a un massimo di 12 a settimana, con l’ormai classica prima serata della domenica sera che significa un mezzogiorno californiano o un primo pomeriggio newyorkese. Ai nostri tempi con premesse del genere non saremmo riusciti a terminare nemmeno la scuola dell’obbligo… Ma forse oggi i ragazzi sanno gestire la bulimia e magari studiano anche di più, non lo sappiamo. Si parte nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17, con Celtics-Sixers alle nostre 2 e Warriors-Thunder alle 4.30. La prima partita ha forti probabilità di essere anche la finale della Eastern Conference, mentre nella finale a Ovest sarà difficilissimo vedere i Thunder. Ma andiamo con ordine, usando una doverosa sintesi provando a non farci condizionare né dalle preview serie né da quelle per bimbiminkia in cui tutti sono fenomeni sul punto di esplodere.

Rispetto al recente passato sono secondo noi un po’ di più le buone squadre e un po’ di più anche le squadre improponibili, quasi da G-League. Sta insomma scomparendo la classe media anche nella NBA, non per colpa della globalizzazione o della BCE ma dei superteam che si formano per colpa dell’ormai inevitabile ultratrentenne senza anello che rinuncia a qualcosa (spesso a tanto) e va a fare il secondo o terzo violino con apparente entusiasmo, spesso cambiando squadra dopo pochi mesi. Ridateci uomini come John Stockton e Reggie Miller, 19 e 18 anni nella stessa franchigia a sfiorare il titolo: non lo pensiamo solo noi, ma anche una NBA che sul concetto di uomini simbolo (le nostre ‘bandiere’) di una squadra ha costruito molto del suo successo e dove ribaltare i valori nel medio periodo è non da oggi molto più difficile che nella comunista NFL.

A Ovest banale ma giusto dare per stragrandi favoriti i campioni di tre delle ultime quattro stagioni, gli Warriors in versione Fab Five che avranno tutto il tempo di aspettare Cousins in aggiunta a Curry-Thompson-Green-Durant. Sulla carta i Rockets sparacchioni di D’Antoni che hanno aggiunto Anthony al tanto che già c’era (e se Paul non si fosse fatto male…) sono quasi al loro livello, ma la negatività di Melo ci fa forse preferire come seconda forza i Lakers dove è arrivato a chiudere la sua eccezionale carriera LeBron James: squadra leggera, quella di Walton, ma non vediamo l’ora di vedere LeBron innescare il talento dei vari Ball, Ingram e Kuzma. Vederli come secondi è un azzardo indotto dalla figura di LeBron, ma non si esce da loro o dai Rockets. Facciamo il compitino e diciamo Rockets. I Jazz sono una vera squadra e li rispettiamo come quarta forza in concorrenza con i Thunder, il resto è modesto (supercuriosità però per Doncic ai Mavs) quando non direttamente spazzatura: come commentare il roster di Suns, Kings e Grizzlies? Un velo sugli Spurs post Ginobili-Parker, che comunque erano ormai comprimari, ma purtroppo per loro anche post Leonard: per Belinelli soldi e statistiche, curiosissimi di vedere l’atteggiamento di Popovich. Abbiamo visto i T-Wolves venire massacrati in pre-season dai Bucks, ma la grandezza in ascesa di Karl-Anthony Towns vale la fatica di guardare le loro partite. A Ovest finale Warriors-Rockets, con i Lakers che potrebbero trovare una magia (rispetto alle ultime stagioni sarebbe già abbastanza un turno di playoff) ma che al momento sono una superscommessa. Senz’anima i Clippers di Gallinari, che come obbiettivo personale ha quello di una stagione senza infortuni.

L’Est che dopo 15 anni deve fare a meno di LeBron, ma è più frizzante del solito: i Cavs sono una discreta squadra, ma non andranno da nessuna parte, mentre è difficile non considerare i Celtics favoriti assoluti, se il rientro di Hayward e Irving si salderà allo spirito del finale di stagione, cosa probabilissima perché Stevens rimane uno dei pochi con il vizio di allenare e uno dei pochissimi a cui lo permettono. Come rivali il talento dice i Sixers di Ben Simmons ed Embiid, ma se il Leonard arrivato ai Raptors senza più DeRozan sarà almeno parente di quello di due anni fa allora ci sarà da divertirsi. Nel gruppo delle seconde i Bucks del sempre più fenomenale Antetokounmpo e gli Wizards con il loro tentativo di superteam fra Wall, Beal e il neo arrivato Howard. Non ci sembrano migliorati i pur forti Pacers, mentre l’inguardabilità è garantita da Nets, Bulls, Hawks, Heat (Wade ai saluti), Magic, Hornets e i Knicks all’ennesima stagione di transizione, oltretutto con Porzingis ancora infortunato. Quasi metà della conference non meriterebbe nemmeno di stare nella NBA, altro che espansione. Nostra scommessa sulla finale Celtics-Bucks, con l’anello conteso da Boston e Golden State e vinto alla fine a sorpresa dai Celtics.

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