Basket

Cesso a chi?

Stefano Olivari 20/09/2011

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di Stefano Olivari
Il basket NBA è un cesso? Dopo un Europeo bellissimo e intenso come quello appena terminato, era inevitabile che i talebani del basket FIBA rimettessero fuori la testa e facessero propria la famosa frase di Carlo Recalcati, riproponendola in termini aulici e mascherandola dietro analisi tecniche a volte fondate.
Magari sull’onda dell’emozione per l’impresa della Macedonia, per un alto-basso fra i Gasol o per un attacco alla zona ben fatto (o anche semplicemente per la zona, che è tornata ad essere qualcosa in più di una variante tattica buona per pochi minuti). E quindi? Dipende da quale NBA si prende in considerazione. Quella dei playoff con intensità selvaggia o quella della stagione regolare dove si giocano sul serio i primi 6 minuti e soprattutto gli ultimi 12? Quella delle squadre che almeno nel medio periodo puntano all’anello o quella di chi è in eterna ristrutturazione con giocatori che pensano solo alle statistiche? E dipende anche da quale FIBA, inserendo arbitrariamente nel mondo FIBA anche l’ULEB (cioè l’Eurolega, in pratica). Quella dei campionati squilibrati, dove un giocatore della squadra più forte può guadagnare quanto i 12 dell’avversaria di giornata oppure quella delle corazzate che in Eurolega si devono necessariamente eliminare dai quarti in poi? Quella delle nazionali che si giocano alla morte anche un sesto posto che vuol dire possibile Olimpiade o quella delle serie A con rose che cambiano ogni due settimane e dove tutto è provvisorio? Come accade in ambiti più seri del basket, che in questo momento non ci vengono in mente, a seconda del proprio pregiudizio si possono scegliere i termini di paragone adatti. E’ molto più facile invece giudicare i singoli giocatori NBA calati in un contesto dove la vittoria è tutto. Chi è protagonista nel massimo torneo mondiale lo è anche in Europa, anche senza essere Pau Gasol, Tony Parker (basti pensare a Kirilenko o addirittura a Bargnani, uomo-franchigia dei Raptors e non a caso unico azzurro a semi-salvarsi) o Dirk Nowitzki, chi è un comprimario importante si accende e si spegne (Batum su tutti, ma anche Gallinari, Noah, Ibaka, Dragic), chi nella NBA è un gregario non fa fare salti di qualità nemmeno in un contesto meno fisico. Conclusione democristiana? No. A noi personalmente piace mediamente di più il basket FIBA, pur ammettendo che dei primi cento giocatori del mondo novanta giocano nella NBA.


Stefano Olivari
(20 settembre 2011)

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