Calcio alla Halep

27 Ottobre 2022 di Stefano Olivari

Simona Halep è risultata positiva ad un controllo antidoping effettuato durante gli ultimi US Open, dove ha perso al primo turno con la Snigur: la sostanza è il Roxadustat, usato nella medicina per così dire normale contro l’anemia e in ottica sportiva per aumentare la produzione di EPO. Cosa rischia adesso la ex numero 1 del mondo? Teoricamente fino a quattro anni di lontananza dal tennis, essendo per lei il primo caso di positività, praticamente pensando alla Sharapova (15 mesi per il Meldonium) e ad altre situazioni simili circa la metà. Ma tutto è trattabile, visto che lei intende dare battaglia e ricorrere se necessario anche alla giustizia ordinaria.

Patrick Mouratoglou, che è il suo allenatore, l’ha definita “un modello di integrità”, ma qui potremmo essere in zona Donati-Schwazer. Più interessante Ilie Nastase che per difendere la connazionale ha detto che se la Halep fosse stata statunitense non se ne sarebbe saputo niente: la storia recente dello sport ha del resto più volte mostrato questo doppio binario nella giustizia sportiva. Un trattamento, anche mediatico, per gli atleti dell’Est europeo ed un altro per quelli del mondo anglo-americano. In mezzo il resto dell’Europa e l’Africa, con varie gradazioni di furbizia. Pazzesco nel 2016 il caso delle pillole di Serena Williams, della cui esistenza si è saputo soltanto grazie ad un hackeraggio del sito della WADA.

Fra le varie dichiarazioni nel mondo del tennis abbiamo trovato interessante quella di Sorana Cirstea, certo non la migliore amica della Halep, che dopo avere affermato che per come la conosce la Halep è una che mai si doperebbe ha anche spiegato come funziona l’antidoping nel tennis di vertice: “Ogni giorno, ovunque tu sia, a casa o in albergo per un torneo, devi comunicare un’ora in cui gli ispettori dell’antidoping possono con certezza trovarti. Io di solito indico alle 7 del mattino, almeno so di sicuro sei essere in camera. Poi possono venire anche in altri momenti, del resto un giocatore è più o meno sempre in campo ed è facile da trovare. La gente non lo sa, ma i tennisti sono controllatissimi: a volte in una settimana sono stata sottoposta a tre test a sorpresa ed erano davvero a sorpresa“. Certo con microdosi e qualche soffiata giusta l’Armstrong della situazione può farla franca per anni.

Comunque nel tennis essere testati durante lo US Open dovrebbe essere probabile come in qualsiasi altro posto. Situazione analoga al ciclismo e all’atletica, mentre per gli sport di squadra ed in particolare nel calcio esiste un doppio standard: oltre ai controlli in occasione delle partite (sorteggio di due o più giocatori per squadre, più alcuni ‘mirati’) la UEFA ad esempio prevede che ce ne possano essere anche in altri contesti. Ma le squadre che hanno ricevuto in ritiro la visita degli ispettori antidoping sono ben poche e se ne ricordano soprattutto gli scleramenti (vengono in mente Barcellona e Atalanta). E i calciatori che hanno avuto questa sorpresa a casa? Non scherziamo, scoppierebbe la rivoluzione.

Insomma, al di là del caso Halep il discorso è sempre il solito: il dopato, o comunque positivo all’antidoping, negli sport individuali viene difeso da qualche collega, quello singolo nel calcio viene difeso dal suo club, ma il doping di squadra nel calcio e a dire il vero nemmeno nella pallamano non è mai stato trovato: passa la storiella dei piccoli chimici fai da te, che trovano su internet i farmaci di cui hanno bisogno.

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