Anna Nicole Smith

14 Giugno 2023 di Stefano Olivari

Fra le persone sfortunate del mondo dello spettacolo Anna Nicole Smith è stata una delle più sfortunate e la sua storia ci ha sempre colpito, per l’assenza di gradualità: da zero, anzi sottozero, infanzia di abusi subiti in un paesino del Texas ed inizi da spogliarellista, a tutto nel giro di pochi mesi per poi tornare quasi a zero, vedere la morte del proprio figlio ventenne e morire a propria volta di overdose nel 2007, prima di compiere 40 anni. Per forza di cose le due ore di Anna Nicole Smith: la vera storia, appena visto su Netflix, hanno dovuto sintetizzare ma le cose principali ci sono.

L’anno di Anna Nicole Smith è stato il 1992, quando nel giro di pochi mesi partendo dal locale di Houston dove vecchi e meno vecchi bavosi le infilano dollari nelle mutande conquista la copertina di Playboy e poi il contratto da testimonial di Guess che fino a quel momento è stato di Claudia Schiffer. Diventa immediatamente l’icona dell’America proletaria bianca e non a caso viene sbeffeggiata in maniera atroce da comici e giornalisti, non appartenendo ad alcuna categoria protetta. La vita le ha dato in mano cattive carte e lei all’inizio le ha anche giocate male, matrimonio da adolescente compreso.

Il secondo matrimonio, con l’ottantanovenne miliardario J. Howard Marshall, la mette ancora di più nel mirino nonostante venga celebrato con lei già ricca e famosa per meriti suoi. E la causa per l’eredità, visto che il vecchio morirà di lì a poco, che la vede contrapposta al figlio di Marshall diventa un genere giornalistico a parte: il marito nel testamento le ha lasciato tutto, come negli Stati Uniti è possibile, ma in pratica dopo una storia giudiziaria di lunghezza italiana Anna Nicole non avrà quasi niente. I soldi comunque non le mancano, viste le mille apparizioni televisive e pubblicitarie, unite a dimenticabili partecipazioni a film e serie.

Non è ancora davvero iniziata l’era dei social network, e lo stesso TMZ, uno dei siti più copiati al mondo, nasce poco prima della morte di Anna Nicole, che da anni è fuori controllo, abusando di ogni tipo di medicinale (una strada iniziata per i dolori dopo l’operazione giovanile di chirurgia plastica) e anche di droghe, circondata da sfruttatori, con aumenti e diminuzioni di peso che danno ulteriore materiale ai comici dell’epoca (al netto dell’esterofilia, quelli americani di solito fanno rivalutare Pistarino e i Trettré). Il documentario girato con sensibilità da Ursula MacFarlane racconta una Marylin che non ha recitato in film famosi, e che non ha nemmeno frequentato politici ed intellettuali, che in definitiva al di là dei soldi non ha mai svoltato: insomma, una Marylin ancora più sfortunata, senza possibilità di essere nobilitata dalla storicizzazione di tutto.

La morte del figlio Daniel, anche lì overdose e dintorni, la botta finale. Nemmeno la piccola Danielynn, dalla paternità controversa (altra storiaccia di tribunali, che sopravviverà alla Smith), riesce a risollevarla. Anna Nicole Smith se ne va: non era un genio né una grande attrice, ma una donna che non accettava la miseria che la vita le aveva dato in sorte e che era emersa senza far male ad alcuno. Vickie Lynn Hogan, questo il suo vero nome, non piaceva alla gente che piaceva. E a distanza di tanti anni rimaniamo ancora colpiti dalla ferocia con cui è stata trattata.

stefano@indiscreto.net

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