Calcio

Addio a Pellegatti, tifoso ma con la sua testa

Stefano Olivari 23/08/2018

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Dopo 35 anni i tifosi del Milan non potranno più ascoltare né telecronache né radiocronache di Carlo Pellegatti, non perché lui a 68 anni avesse perso la voglia di farle ma semplicemente perché Mediaset Premium non ha più i diritti della serie A e nel 2018 le radio i diritti li devono pagare, non come nel 1983 quando Pellegatti iniziò su Radio Panda Milano, emittente a cui si devono anche le prime radiocronache (per lo meno le prime che noi ricordiamo) della coppia Buffa-Tranquillo, per le partite dell’allora Simac e a parti invertite: Buffa che faceva la cronaca e Tranquillo la seconda voce. Bei tempi ma solo perché eravamo giovani, ben lontani dall’Instagram con cui Pellegatti ha dato l’annuncio ai tanti tifosi rossoneri che gli chiedevano del suo futuro.

Fra i vari telecronisti-tifosi Pellegatti era fra quelli che meno urtava la sensibilità dei tifosi avversari ed è per questo (il calcio è anche tifo contro, onestamente) che i milanisti erano divisi nelle preferenze fra lui e Mauro Suma, con il partito di Tiziano Crudeli che negli ultimi anni è diventato molto forte. Non è un caso che tutti e tre abbiano iniziato negli anni più anarchici e liberi dell’emittenza privata, conquistando una riconoscibilità che hanno mantenuto nel tempo. Il punto è, secondo noi, che tutti siamo tifosi e che nasconderlo sia ipocrisia, ma che per un giornalista fra essere tifosi e ‘fare’ i tifosi di professione ci sia di mezzo non il mare, ma un oceano. Non può ad esempio sfuggire la differenza, per un giornalista che si occupa di politica, fra votare per i Cinque Stelle ed essere un attivista dei Cinque Stelle. Insomma, bisogna scegliere e Pellegatti aveva scelto. Con il tifo rossonero che si era saldato all’aziendalismo Mediaset, anche se Pellegatti è uno di quei milanisti che c’erano anche ‘prima’ e che, per fare un esempio, non hanno mai rinnegato Rivera, innominabile in qualsiasi contesto berlusconiano. Detto questo, su Mediaset e Sky il secondo audio con la telecronaca dichiaratamente faziosa ha avuto un discreto successo, pur non uscendo mai da una sorta di ghetto. Insomma, si fa ma non lo si pubblicizza troppo. Come se il problema fosse l’esultanza per un gol e non la censura più o meno violenta nelle parti ‘serie’ delle televisioni.

Tornando a Pellegatti, per lui quello del tifo non è stato certo un ghetto ma una precisa scelta: uomo dai tanti interessi (il suo secondo sport è l’ippica, a pari merito con il tennis), prima del giornalismo aveva un lavoro vero e quindi quella di fare il milanista di professione è stata sì una scelta di marketing giornalistico ma soprattutto di cuore. Alla fine la vera differenza è fra il raccontare il calcio sotto dettatura oppure con la propria testa. Alcuni di quelli che ironizzano su Pellegatti, Scarpini, eccetera, fanno parte della prima categoria nel nome di una miserabile carriera. Comunque in serie B, ma senza nemmeno divertirsi.

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