Attualità

Abolire il valore legale del titolo di laurea?

Indiscreto 13/11/2018

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La laurea in quanto tale, presa genericamente, ha ancora un senso? Ignoravamo, appunto per nostra ignoranza, che quella dell’abolizione del valore legale del titolo di laurea fosse una battaglia della Lega,  e lo abbiamo scoperto solo nelle ultime ore a causa delle reazioni alle parole di Salvini. Che ha in sostanza ripreso un dibattito che ogni tanto (l’ultimo a parlarne seriamente fu Mario Monti), in mancanza di altri temi riguardanti la scuola, salta fuori senza appassionare più di tanto la pancia del paese. Strano quindi che Salvini si sia infilato in questa vicenda, che con molta fantasia (il tema non scalda le masse, nemmeno quelle con figli studenti) potrebbe portargli qualche voto al Nord ma che nel presente nella migliore delle ipotesi gli porterà soltanto qualche insulto nelle inevitabili manifestazioni di fuoricorso, sempre pronti a difendere lo status quo e i baroni che li prendono in giro promuovendo cugini e amanti.

Di base, pensando al passato, quella per l’abolizione del valore legale della laurea è una battaglia da destra liberista, con l’obbiettivo di una teorica competizione fra atenei, come è ad esempio negli Stati Uniti. Ma cos’è il valore legale della laurea? In parole povere è il marchio dello Stato su questo titolo di studio, che non ha evidentemente grande valore per chi lavora nel privato (tutti sanno quali università sono in serie A, B e C ed assumono di conseguenza) ma che ne ha moltissimo nel settore pubblico in cui, stiamo semplificando, nelle parti dei concorsi senza discrezionalità il 110 della Normale di Pisa può valere il 110 dell’Insubria o del Molise. Detto che l’abolizione del valore legale del titolo di laurea era nelle corde dei Cinque Stelle della prima ora, anche se un po’ meno in quelle degli odierni, come al solito non ci interessano le dispute degli accademici ma la sostanza.

Da una parte la situazione attuale, in cui bene o male un laureato è un laureato, dall’altra uno scenario in cui l’università in cui hai studiato può fare la differenza fra la vita e la morte, e centinaia di serie tivù americane in cui liceali si preparano disperati a test per college fighissimi possono rendere l’idea. Ribadiamo che nel privato è in gran parte già così, il nome dell’università può essere decisivo, ma la questione non riguarda solo il lavoro in senso stretto. Quanti vorrebbero studiare in certe università del Sud lasciate improvvisamente sul mercato, senza più nemmeno un minimo valore del pezzo di carta? L’emigrazione studentesca è da sempre una realtà, ma un conto è cercare un posto di élite perché si hanno certe ambizioni e un altro essere costretti a partire perché ciò che hai sotto casa fa schifo. Non abbiamo un’opinione precisa, e tutto sommato non ci sembra averla nemmeno il ministro Bussetti, quindi se siamo sembrati tendenziosi è perché ci siamo espressi male. Di qua o di là, con speranza che votino i genitori di figli diciottenni (l’Uomo Indiscreto ha ormai una certa età ed è maturo per la seconda moglie): abolire il valore legale del titolo di laurea?

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