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4 3 2 1, il nucleo di Paul Auster

Indiscreto 30/05/2018

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Chi sostiene che il romanzo sia morto dovrebbe leggere 4 3 2 1 di Paul Auster, In Italia pubblicato da Einaudi l’anno scorso, un libro che ci permettiamo di consigliare per l’estate non perché affronti temi estivi (anzi) ma perché necessita di una certa concentrazione e dell’assenza di persone, messaggi o situazioni che ti interrompano ogni tre secondi. La lunghezza è da romanzone americano, con quelle dimensioni da un tanto al chilo che appesantiscono la serie B dei generi ma anche spesso la serie A di Auster e pochi altri: non sono però le 900 e passa pagine ad essere di ostacolo, quanto il fatto che 4 3 2 1 è articolato in quattro sottovite del protagonista Archie Ferguson, dalla sua nascita nel 1947 fino alla fine degli anni Settanta.

Quattro diversi sviluppi legati all’andamento del negozio del padre: la morte del padre stesso, il suo impoverimento, il suo arricchimento, un tranquillo tran tran. A partire da questo punto la vita del piccolo Paul può prendere 4 direzioni diverse, pur facendo lui parte dello stesso contesto ambientale ed essendo legatissimo alla madre Rose, e infatti le prende. Non è, come potrebbe sembrare, un meccanismo del genere ‘Sliding doors’, ma proprio il suo opposto: Auster vuole dimostrare che una personalità già formata ha mille opportunità di scelta, ma inclinazioni e meccanismi mentali che in ognuna delle vite possibili mettono dei punti fermi. Tutto, nella migliore tradizione, è un gigantesco pretesto per raccontare il passaggio dall’America degli anni Cinquanta e primi Sessanta, ottimista ma anche tradizionalista, a quella che rifiutando la guerra in Vietnam farà un passo in avanti e cambierà per sempre i rapporti fra generazioni.

Un romanzo dalle grandissime ambizioni, come dovrebbe essere ogni romanzo, che appassiona in ogni diramazione anche a livello di semplice storia. Auster non ha la divina cattiveria dell’immenso e appena scomparso Philip Roth, fra l’altro suo amico, ma si tiene sempre ben dentro il recinto del politicamente corretto e del mainstream democratico, ribellandosi (nemmeno tanto) al pensiero unico dell’America iperproduttiva ed efficiente opponendole un altro pensiero unico. Emozionano il rapporto con la madre, quello che ogni ragazzo avrebbe voluto avere e non ha avuto (forse nemmeno l’autore, che ha scritto 4 3 2 1 sulla spinta emotiva della scomparsa del padre), ma anche i diversi modi in cui si plasma il mondo, per quanto è possibile, sulla propria personalità. Chiaramente se il piccolo Archie invece di trasferirsi dal New Jersey a New York fosse stato spedito in Italia o in Burundi gli scenari sarebbero stati diversi, ma è comunque affascinante sentirsi un puntino nel mondo, in balia di tutto ma anche con un nucleo fortissimo, in parte impermeabile agli stimoli esterni. Con la ricerca dello stesso tipo di donna, in questo caso Amy (che in caso diventa sua sorellastra), dello stesso tipo di lavoro, dello stesso tipo di vita. E soprattutto le stesse antipatie.

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