Unicredit straniero, licenziati italiani

22 Luglio 2019 di Stefano Olivari

Unicredit starebbe per licenziare 10.000 persone, con varie modalità ed eufemismi, secondo quanto detto da Bloomberg. Notizia credibile, anche perché nei 10 anni precedenti Unicredit si era liberata di circa 35.000 lavoratori fra esuberi (…), prepensionamenti e altri magheggi che i grandi opionisti ti spiegano in maniera approfondita a colpi di ‘Questa è la globalizzazione’ e ‘C’è bisogno di grandi aggregazioni per diventare player internazionali’.

Certo è che il secondo gruppo bancario italiano dopo Intesa-San Paolo è governato da un francese, Jean Pierre Mustier, ed ha come principali azionisti un fondo sovrano degli Emirati Arabi (Mubadala), un fondo americano (Dodge & Cox) e la Banca Centrale della Norvegia (la Norges Bank, appunto). In generale fra fondi privati e fondi sovrani circa il 75% della banca è in mani straniere. Dal punto di vista del controllo sociale, cioè prendersi sassate o peggio in caso di comportamenti predatori oltre il limite, a Unicredit importa quindi meno di niente delle possibili reazioni italiane.

I tweet dei politici di ogni colore sono quindi soltanto demagogia, perché abbiamo visto manifestazioni contro qualsiasi cosa ma non contro la svendita dell’Italia iniziata negli anni Novanta e la retorica delle privatizzazioni. Forse non è superfluo ricordare che il Credito Italiano, arrivato con questa denominazione fino alla fine degli anni Novanta, era una delle tre banche controllate dall’IRI (le altre erano la Banca Commerciale Italiana e il Banco di Roma) e considerate di interesse nazionale.

Inutile ricordare come sia cambiata la realtà bancaria rispetto anche solo a vent’anni fa. Da quanto non entrate nella vostra teorica filiale di riferimento, a meno che dobbiate chiedere un finanziamento? Non a caso certe filiali, pensiamo soprattutto ad Intesa, sembrano ormai quasi salotti, al punto che non si capisce dove finisca la banca e inizi il bar. Si è anche arrivati a cedere diverse vetrine alla pasticceria di Iginio Massari…

Lo sviluppo dell’homebanking e in generale della banca telematica, anche da parte delle banche tradizionali (pensiamo a BuddyBank di Unicredit, ad esempio) che si sono così cannibalizzate, ha davvero reso inutili quasi tutti i lavori bancari tradizionali? Non lo sappiamo. Da fuori l’unica parte che sembra essersi allargata è quella di consulenza (si fa per dire, perché il funzionario di banca non è un vostro consulente ma un dipendente della banca), abbracciando le assicurazioni che a loro volta giocano a fare le banche.

Cosa vogliamo dire? Che una finanza che non sia a supporto dell’industria e dell’economia reale, come è gran parte della finanza del 2019, non vale niente e ci stupisce anzi che a questo giro licenzi soltanto 10.000 persone (del resto Deutsche Bank ha come obbiettivo il doppio). In questo mondo senza identità sono persone inutili, numeri che si occupano di numeri, proletariato con un titolo di studio. Avranno più tempo per ammirare il grattacielo in piazza Gae Aulenti (solo a dire ‘Piazza Gae Aulenti’ ci stiamo sul cazzo da soli) e progettare, con la buonuscita, l’apertura di un chiringuito bio a Matera o la creazione di un blog di viaggi gay in Ecuador. Di sicuro potranno e anzi dovranno trovarsi un nuovo lavoro senza fidarsi troppo dei navigator: gente che, al contrario dei bancari licenziati, non ha mai lavorato, come del resto quasi nessuno nel partito che li ha inventati.
 
A proposito del grattacielo Unicredit, qualche settimana fa quando ci siamo entrati ci ha colpito che anche anche l’accoglienza fosse stata esternalizzata: ma come, fate i fenomeni internazionali della nuova Milano da bere e non trovate i soldi per pagare la portinaia? Stiamo parlando di una banca che nel 2018 ha avuto quasi 4 miliardi di euro di utili (utili, non fatturato) e che ha appena incassato un’altra barcata di soldi (2,1 miliardi) vendendo le quote in Fineco.
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